IL D.LGS 27 MAGGIO 2005 N.116 DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA N. 2003/8/CE PER LE CONTROVERSIE TRANSFRONTALIERE - II PARTE: I CAPI I e II

Il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 116
(attuazione della direttiva 2003/8/CE)
di Nicola Ianniello*
 
II – Capi I e II del D.Lgs n.116/2005
 
Nella prima parte del presente studio si è tentata una interpretazione della norma di chiusura del testo normativo in oggetto (art. 17 del decreto), al fine di chiarire il quadro normativo di legislazione domestica e internazionale della disciplina del patrocinio a spese dello Stato.
Ai sensi dell’art. 17 del citato decreto “nei rapporti tra gli Stati dell’Unione europea e in relazione alle disposizioni in esso contenute, il presente decreto prevale sulle disposizioni contenute in accordi bilaterali o multilaterali conclusi dagli stati membri, compresi: a) l’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste d’assistenza giudiziaria firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, modificato dal protocollo addizionale all’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, firmato a Mosca nel 2001; b) la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 intesa a facilitare l’accesso internazionale della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei Titoli I e IV, della Parte III, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.
Sembra utile rammentare che il decreto in esame detta le norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva 2003/8/CE. Con la L. 31 ottobre 2003, n. 306 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2003 , il Governo è stato delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, tra gli altri, il decreto legislativo gennaio 2003.
Nel presente capitolo si pongono all’attenzione i primi due capi del decreto che, come indicato dall’art. 1, mira al miglioramento dell’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere, disponendo misure necessarie ad assicurare il patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, anche per controversie di natura commerciale.
 
In Italia le liti di competenza dei Tribunali speciali di commercio sono state abolite fin dal 25 gennaio 1988 di guisa che oggi non ha più senso parlare nel nostro ordinamento della distinzione tra liti civili e commerciali rientrando queste ultime nelle prime
Così come previsto dalla direttiva comunitaria 2003/8/CE, il decreto non si applica ai processi amministrativi, contabili e tributari (art. 1, II co.).
L’art. 2 del dlgv 116/05 chiarisce cosa si intende per “controversia transfrontaliera”: “una controversia in cui la parte che chiede il patrocinio e' domiciliata o regolarmente soggiornante sul territorio di uno Stato appartenente all'Unione europea diverso da quello ove pende il processo o in cui la sentenza deve essere eseguita. 2. Lo Stato dell'Unione europea in cui una parte e' domiciliata e' determinato conformemente all'articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. 3. La data di riferimento per stabilire se esiste controversia transfrontaliera e' la data di presentazione della domanda, in conformità del presente decreto. 4. Nel presente decreto, per Stato dell'Unione europea si intendono gli Stati dell'Unione europea ad esclusione della Danimarca.
L’art. 2 della direttiva 2003/8/CE definisce la controversia transfrontaliera quale quella in cui “la parte che chiede il patrocinio a spese dello Stato ai sensi della presente direttiva è domiciliata o dimora abitualmente in uno Stato membro diverso da quello del foro o in cui la sentenza deve essere eseguita”.
E’ fondamentale stabilire il momento in cui viene radicata la controversia transfrontaliera che viene fissato alla data di presentazione della domanda e ciò per i riflessi sulla litispendenza.
Per quanto riguarda la Danimarca rammentiamo che il 34° considerando della direttiva fonte del decreto in oggetto recita “La Danimarca, conformemente agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al Trattato sull’Unione europea ed al Trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all’adozione della presente direttiva e non è pertanto vincolata dalla stessa né la applica”.
L’art. 3 stabilisce i soggetti destinatari delle disposizioni del presente decreto che si applica “ai cittadini dell'Unione europea ed ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in uno degli Stati dell'Unione” riportando una rubrica non elegante dal punto di vista terminologica ma significativa: non discriminazione.
Le condizioni per l’ammissione al patrocinio sono indicate nel capo II del dlgv 116/05 (artt. 4-5). Nei primi tre commi dell’art. 4 (“Condizioni di reddito”) è di fatto riportato il contenuto dell’art. 76 dpr 115/02
Art. 76 DPR 115/2002: “1.Può essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.296,22. 2. salvo quanto previsto dall’art. 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante. 3. ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad importa sostitutiva. 4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei procedimenti in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.”
I primi tre commi dell’art.4 del decreto in esame recitano:“1. Può essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito complessivo annuo lordo dichiarato ai fini fiscali non superiore a euro 9.296,22. 2. Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante. In tale caso, i limiti di reddito sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi. 3. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.
Costituisce una fondamentale innovazione rispetto al T.U. n.115/02 la previsione di cui al secondo comma sopra riportata e cioè che i limiti di reddito vengono elevati di euro 1032,91 per ogni familiare convivente.
Si rammenta che l’art. 92 del T.U. n.115/02 (“Se l'interessato all'ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”) è contenuto nel Titolo II Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e non è riportato nella disciplina contenuta nel Titolo IV riguardante le disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario.
 
Il quarto comma dell’articolo in esame prevede un’ipotesi nuova, connessa al carattere transfrontaliero delle controversie ovvero che“ i limiti fissati dai commi 1 e 2 non ostano a che il patrocinio a spese dello Stato sia accordato al richiedente che supera il limite se egli dimostra di non poter sostenere le spese processuali di cui all'articolo 6, comma 2, a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro.”
Infatti, la Dir. 2003/8/CE, prevede che i limiti al di sopra dei quali si presume che il richiedente il patrocinio a spese dello Stato possa sostenere, parzialmente o totalmente, le spese processuali non ostano a che il beneficio gli sia accordato se egli dimostra di non poter sostenere le spese processuali a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro.
Di contro nel quinto comma dell’art. 4 è previsto che “il patrocinio non e' concesso al richiedente che può, nella fattispecie, disporre di un accesso effettivo ad altri meccanismi che coprono le spese processuali di cui all'articolo 3.” in perfetta sintonia con il dettato della direttiva 2003/8/CE (art. 5 ult. comma).
Con il 16° considerando la direttiva CE chiarisce che gli altri meccanismi che permettono in casi specifici l’accesso effettivo alla giustizia non sono una forma di patrocinio a spese dello Stato. Si può tuttavia presumere che la persona che può far ricorso a tali mezzi possa sostenere le spese processuali nonostante la sua situazione finanziaria sfavorevole.
I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni con le modalità indicate dall’art. 77 DPR 115/02 cui l’ultimo comma dell’art. 4 dlgv 116/05 in esame rimanda.
ART. 77(Adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione) I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
L’art. 5 dispone che, in caso di manifesta infondatezza dell’azione giudiziaria, la domanda di patrocinio ad essa relativa sia respinta, confermando così il principio sancito dall’art. 74 del T.U. spese di giustizia, che prevede che il patrocinio a spese dello stato è assicurato al cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.
La direttiva 2003/8/CE prevede, infatti, la possibilità, per gli stati membri, di disporre che le domande di patrocinio a spese dello Stato relative ad un'azione giudiziaria manifestamente infondata possano essere respinte dalle autorità competenti (17° considerando conf. art. 6 della direttiva).
Il secondo comma dell’art. 5 del decreto prevede che “ ai fini del comma 1, quando il richiedente chiede il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguarda una pretesa derivante direttamente dall'attività autonoma o commerciale del richiedente sono valutate l'importanza del caso specifico per il richiedente e la natura della causa.”
Nella direttiva fonte del decreto in esame si dispone (17° considerando) che, nel prendere una decisione sul merito di una domanda, gli Stati membri possono respingere le richieste di patrocinio a spese dello Stato qualora il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver subito perdite materiali o finanziarie o la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente. In tale ipotesi gli Stati membri debbono valutare l’importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tenere conto della natura della causa.(segue)
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* Avv. Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti – Comitato Legislazione e ricerca – 10/05)