Legislazione e ricerca

Legislazione e ricerca

Approvato il formulario per le domande di patrocinio a spese dello stato da inviare in un paese membro della comunità europea-2004

Approvato il formulario per le domande di patrocinio a spese dello stato da inviare in un paese membro della comunità europea
Il formulario e la direttiva 2002-8-CE (ora 2003-8-CE) si trovano sul sito www.anvag/biblioteca/Legislazione in Europa.it
Il 9 novembre 2004 la Commissione ha adottato la decisione che approva il modello del formulario per le domande di patrocinio a spese dello Stato, in applicazione della direttiva 2002/8/CE (ora 2003/8/CE) del Consiglio intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie, notificata con il numero C(2004) 4285 (2004/844/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 10-12-2004, n. 365/L/27.
Il trattato che istituisce la Comunità europea e la direttiva 2002/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003 hanno tra gli scopi quello di migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere e definire le norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie, in particolare l’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 2003/8/CE che prevede che la Commissione appronti un formulario uniforme per le domande di patrocinio a spese dello Stato e per la loro trasmissione che deve essere approntato entro il 30 novembre 2004, ai sensi dello stesso articolo 16, paragrafo 2, secondo comma.
La Danimarca, conformemente agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non ha partecipato all'adozione della direttiva 2003/8/CE e non è pertanto vincolata dalla stessa né soggetta alla sua applicazione.
(a cura del Comitato rapporti con l’estero dell’A.N.V.A.G.-12/04)
 

 

In tema di gratuito patrocinio a favore delle associazioni

In tema di gratuito patrocinio a favore delle associazioni
 
di Nicola Ianniello*
 
*** * ***
 
Poiché rappresenta una esperienza certamente diffusa sul territorio, mi sembra utile riportare il quesito posto all’attenzione dell’ A.N.V.A.G. – Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti, circa la ammissione di una associazione all’istituto del patrocinio dello Stato.
La lettera, pervenuta dal presidente di una giovane associazione di promozione sociale iscritta all’albo regionale del Veneto, riferisce che
nell'estate 2005 è nato un contenzioso con il Comune dove ha sede l’associazione per l'utilizzo di un'area pubblica durante una manifestazione istituzionale.
Il Comune ha imposto il pagamento di una ingente somma, €2500, per l'utilizzo di tale area.
Tale richiesta oltre ad essere per l’associazione mortificante appare errata e profondamente illegittima.
Contattato il Difensore Civico Provinciale prima, e quello Regionale poi, entrambi hanno accolto il reclamo dell’associazione contro la sanzione chiedendo la revoca del pagamento.
Il Comune, tuttavia, non ha ritenuto di condividere tale parere e a gennaio 2007 ha provveduto alla notifica della cartella esattoriale di pagamento.
E’ stato, quindi, contattato un avvocato per proporre opposizione con un giudizio che, a quanto sembra, è quello presso la competente commissione tributaria.
Si vuole, quindi, sapere se la Associazione può godere del gratuito patrocinio e, se sì, in base a quali riferimenti normativi da far valere.
Ad un primo giudizio del legale sembrava di sì ma, da ultime notizie, pare che l'Ordine degli Avvocati non voglia concederlo.
La situazione sembra un pò strana.
L'Ordine ha chiesto di fornire la denuncia dei redditi dei genitori del presidente richiedente in quanto studente a loro carico, e non, casomai, quella dell'Associazione.
Il rappresentante legale precisa che è maggiorenne e, come altri 50 ragazzi, “sulle spalle dei propri genitori” svolge opera di volontariato.
E’ ovvio che se fosse da considerare tale situazione, non vi sarebbero speranze perchè il reddito dei genitori è superiore a quello richiesto dalla legge per essere considerati non abbienti.
L’istante ritiene, pertanto, la vicenda assurda e l’interpretazione della legge alquanto strana, giacchè gli riesce incomprensibile la richiesta di indicare il reddito dei genitori in rapporto al fatto che egli ricopre la carica di presidente di una associazione di volontariato operante sul territorio da ormai 5 anni.
La risposta.
Ove sia in corso l'incarico ad avvocato di fiducia dobbiamo astenerci dalla consulenza.
Ad ogni buon conto, poichè il problema prospettato è di interesse generale, rammentiamo che, qualora la vertenza da proporre o contrastare sia di natura civile, il consigliere incaricato dell'istruttoria per l'ammissione al beneficio, ha due esami da effettuare: 1) la non manifesta infondatezza della pretesa; 2) il reddito inferiore alla misura indicata dalla legge.
Per quanto concerne il punto sub 2), questa associazione ritiene che per le associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica, non si applicano le norme relative al limite di reddito dal momento che sarebbe una clamorosa contraddizione in termini oltre che una evidente illogicità della norma.
Alcune associazioni hanno ottenuto il beneficio del patrocinio a spese dello Stato per la costituzione di parte civile (decreti del Tribunale di Paola e di Gela).
 
Annotiamo anche un precedente contrario (Tribunale di Roma 8 aprile 2004) dinanzi al quale diviene necessaria la autocertificazione di cui si dirà appresso.
 
Sarebbe, quindi, inconferente l'eventuale riferimento alle norme dell'ordinamento civile che riconoscono la responsabilità e le conseguenze giuridiche degli atti e rapporti posti in essere dal presidente ovvero da chi ha agito in nome e per conto dell'associazione, in quanto la legge ha riconosciuto proprio agli enti e associazioni che non svolgono attività economica il diritto di chiedere ed ottenere il gratuito patrocinio .
Secondo il mio parere sarebbe sufficiente (anche se ultroneo) la autocertificazione del presidente circa la mancanza di attività economica e lucro della associazione.
Ad ogni modo, nel caso illustrato, si sostiene che la competenza a giudicare è quella della commissione tributaria provinciale: in questo caso, la domanda per ottenere il beneficio è da rivolgere alla speciale commissione per il gratuito patrocinio istituita presso detta commissione tributaria (che peraltro è la antica commissione della vecchia legge del 1923 rimasta in vigore per espressa volontà del legislatore) secondo il procedimento previsto dagli articoli 137 e seguenti del Testo unico sulle spese di giustizia.
Cordialità
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*(Avv. Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. – Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti- 06/07)
 

 

IL RECUPERO DELLE SPESE DA PARTE DELLO STATO

Il recupero delle spese da parte dello Stato
di Nicola Ianniello*
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Avviene che il difensore della parte ammessa al beneficio, dopo aver concluso con la controparte una transazione che ha fruttato una somma vicina all’importo ingiunto con decreto, ha chiesto la liquidazione del compenso al magistrato.
Il Giudice competente del procedimento monitorio ha respinto la domanda richiamando l’art. 134 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
La disposizione che interessa la ipotesi in esame è quella contenuta nel terzo comma di detto articolo che, come vedremo, fa salvi i diritti e onorari del difensore.
Facendo ordine, premettiamo che l’art. 133 del T.U. 115/02 stabilisce che “Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato”.
Ebbene, l’art. 134 con il primo comma sancisce che ove lo Stato non recupera ai sensi dell'articolo 133 e se la vittoria della causa o la composizione della lite ha messo la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su di questa lo Stato ha diritto di rivalsa.
Il secondo comma dispone che la rivalsa può essere esercitata per le spese prenotate e anticipate quando per sentenza o transazione la parte ammessa ha conseguito almeno il sestuplo delle spese, o nel caso di rinuncia all'azione o di estinzione del giudizio; può essere esercitata per le sole spese anticipate indipendentemente dalla somma o valore conseguito.
 
Le ipotesi previste dai succitati due commi dell’art. 134 sono, pertanto, quelle nelle quali lo Stato può agire se non vi è stato recupero ai sensi dell’art. 133.
Vale precisare, per completezza di esposizione, che la ripartizione specifica tra spese anticipate e spese prenotate a debito (questo in buona sostanza rappresenta l’effetto reale della concessione del beneficio) è stata inserita dal legislatore per la prima volta con il T.U. sulle spese di giustizia (art. 131 (1)) facendo ordine negli artt. 15-sexiesdecies e 15-septiesdecies dellaLegge n. 134 del 29 Marzo 2001"Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti" (2)
Il primo dei suddetti articoli ricalcava l’art. 35 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3282 mentre il secondo era la esatta copia degli artt. 37 e 38 del decreto medesimo.
E’ da notare come già il testo di legge del 1923, quando il gratuito patrocinio era un ufficio onorifico ed obbligatorio della classe degli avvocati, aveva previsto che quando per transazione (o anche per sentenza) la persona ammessa al beneficio avesse conseguito almeno il sestuplo della tassa di registro e diritti del processo, lo Stato avrebbe potuto esercitare contro essa stessa l’azione di recupero che gli viene riconosciuta.
 
Anzi, quanto alle spese anticipate dall’erario, il povero era tenuto a rimborsarle in ogni caso “con la somma o valore conseguito”, qualunque esso fosse stato.
 
Inoltre, nelle cause interessanti persone od enti morali ammessi al gratuito patrocinio, tutte le parti erano tenute solidalmente al pagamento delle tasse, diritti e spese notate a debito (e soltanto queste), quando il giudizio si fosse estinto ovvero nel caso di abbandono della lite per rinunzia quando questa fosse stata determinata da accordi tra le parti, ancorché tali accordi non fossero stati concretati in un regolare atto transattivi.
 
Orbene, chiarito quanto sopra, riesce agevole comprendere il contenuto del terzo comma dell’articolo 134 del T.U.(3) cui si
riferisce il Giudice di Treviso: detto comma stabilisce che nelle cause che vengono definite per transazione, tutte le parti sono
solidalmente obbligate al pagamento delle spese prenotate a debito ed è vietato accollarle al soggetto ammesso al patrocinio.
Ogni patto contrario è nullo.
 
Quindi la transazione obbliga in solido tutte le parti a rifondere allo Stato le spese prenotate a debito che sono quelle di cui all’art. 131, secondo comma e non anche quelle anticipate dall’erario che sono quelle contenute nel comma 4° dello stesso articolo.
I diritti e onorari dei difensori rimangono estranei al recupero.
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Avv.Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti– 04/06)
 
 
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[1] Per semplificare, sono spese prenotate a debito il contributo unificato, l’imposta di bollo, le notificazioni a richiesta d’ufficio, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria e catastale, i diritti di copia, gli onorari del consulente tecnico di parte e ausiliario del magistrato, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. Lo stesso trattamento si applica agli onorari di notaio per lo svolgimento di funzioni ad essi demandate dal magistrato nei casi previsti dalla legge e all'indennità di custodia del bene sottoposto a sequestro.
Sono spese anticipate dall'erario gli onorari e le spese dovuti all'avvocato, le indennità e le spese di viaggio spettanti ai magistrati, agli appartenenti agli uffici, agli ufficiali giudiziari, a testimoni, a notai, a consulenti tecnici di parte e ausiliari del magistrato, le spese per gli strumenti di pubblicità legale dei provvedimenti del magistrato, le spese per il compimento dell'opera non eseguita o per la distruzione di quella compiuta, le spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio. I diritti e le indennità di trasferta o le spese di spedizione degli ufficiali giudiziari per le notificazioni e gli atti di esecuzione a richiesta di parte sono prenotati a debito o anticipati ai sensi dell'articolo 33 dello stesso T.U.rich.
 
[2] Art. 15-sexiesdecies. - (Pagamento in favore dello Stato). – 1. Il provvedimento che condanna la parte soccombente alla rifusione degli oneri e delle spese processuali dispone che il relativo pagamento sia eseguito a favore dello Stato quando l’altra parte sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
2. Lo Stato cura direttamente il rimborso delle spese di cui al comma 1. Laddove esso non venga tuttavia in tale modo rimborsato e la vittoria della causa o la composizione della lite abbia messo la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in condizione di potere restituire le spese erogate in suo favore, questa deve adempiere a tale rivalsa.
3. In caso di ammissione al patrocinio a spese parzialmente a carico dello Stato, la rivalsa in favore dello Stato di cui al comma 2 è effettuata nella misura percentuale corrispondente.
4. Nell’attribuzione delle spese all’erario dello Stato di cui ai commi da 1 a 3 non rientrano gli onorari e le indennità dovuti al difensore.
Si noti la svista del legislatore contenuta nel terzo comma laddove viene compresa la ipotesi dell’”aiuto parziale” per le persone appartenenti a fasce di reddito intermedie tra quelle “ricche” e quelle “povere” la cui introduzione nel nostro ordinamento è uno degli impegni dell’A.N.V.A.G. – Associazione Nazionale Volontari Avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti.
Art. 15-septiesdecies. - (Azione di recupero). – 1. L’azione di recupero a carico della persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato può essere esercitata verso la persona stessa per tutte le tasse ed i diritti ripetibili, quando per sentenza o transazione abbia conseguito almeno il sestuplo delle tasse e diritti, ovvero nel caso di rinuncia all’azione o di estinzione del giudizio. Il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato ha l’obbligo di far dichiarare l’estinzione dello stesso se cancellato dal ruolo, ai sensi dell’articolo 309 del codice di procedura civile. L’inosservanza di tale obbligo ha rilevanza disciplinare.
2. Nel caso di cui al comma 1, il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato è tenuto a rimborsare in ogni caso le spese anticipate dall’erario con la somma o valore conseguito, qualunque esso sia.
3. Nelle cause che interessano soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato che vengono definite per transazione, tutte le parti sono solidalmente obbligate al pagamento delle tasse, dei diritti e delle spese annotati a debito, ed è vietato accollarli al soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Ogni patto contrario è nullo.
4. Nelle cause promosse contro i soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato la parte attrice è obbligata al pagamento delle tasse, dei diritti e delle spese annotati a debito, quando il giudizio sia estinto.
5. Nelle cause promosse da soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, la controparte che nel corso della causa abbia promosso uno dei mezzi d’impugnazione previsti dalle norme di procedura è tenuta al pagamento delle tasse, dei diritti e delle spese annotati a debito qualora il giudizio venga dichiarato estinto o sia rinunciato.
6. In ogni caso nelle cause che interessano soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato tutte le parti sono tenute solidalmente al pagamento delle tasse, dei diritti e delle spese annotati a debito nelle ipotesi di estinzione o cancellazione di cui ai commi precedenti.
 
[3] la corrispondente disposizione del R.D. 3282/1923 è quella contenuta nel terzo comma dell’art. 38: “nelle cause interessanti persone o enti morali ammessi al gratuito patrocinio, definite, per transazione, tutte le parti sono solidalmente obbligate al pagamento delle tasse, diritti e spese “notate a debito” ed è vietato accollarle alla parte o all’ente ammesso al gratuito patrocinio, malgrado ogni patto contrario che è da considerare nullo”.

 

Il D.Lgs 27 maggio 2005 n.116 di attuazione della direttiva n.2003/8/CE per le controversie transfrontaliere – III parte: I capi III e IV

Il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 116
(attuazione della direttiva 2003/8/CE)
di Nicola Ianniello*
 
III – Capi III e IV del D.Lgs n.116/2005
Il decreto in esame detta le norme di attuazione della direttiva 2003/8/CE, e fa seguito alla L. 31 ottobre 2003, n. 306 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2003 , con la quale il Governo è stato delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, tra gli altri, il decreto legislativo gennaio 2003.
Nella prima parte del presente studio si è tentata una interpretazione della norma di chiusura del testo normativo in oggetto contenuta nel capo V disposizioni finali (art. 17 del decreto), al fine di chiarire il quadro normativo di legislazione domestica e internazionale della disciplina del patrocinio a spese dello Stato.
Ai sensi dell’art. 17 del citato decreto “nei rapporti tra gli Stati dell’Unione europea e in relazione alle disposizioni in esso contenute, il presente decreto prevale sulle disposizioni contenute in accordi bilaterali o multilaterali conclusi dagli stati membri, compresi: a) l’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste d’assistenza giudiziaria firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, modificato dal protocollo addizionale all’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, firmato a Mosca nel 2001; b) la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 intesa a facilitare l’accesso internazionale della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei Titoli I e IV, della Parte III, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.
Nella seconda parte del presente studio sono stati esaminati i capi I e II del decreto riguardanti l’uno l’istituzione del patrocinio a spese dello Stato, ovviamente nella cause transfrontaliere (artt.1-3) e l’altro le condizioni per l’ammissione al patrocinio (artt. 4-5)
Nel presente capitolo si pongono all’attenzione i capi terzo e quarto del decreto che riguardano gli effetti dell’ammissione al patrocinio (artt. 6-11) e la procedura (artt. 12-16).
In tema di adeguatezza del patrocinio e garanzia di un accesso effettivo alla giustizia, particolare importanza riveste l’art. 6 del D Lgs 116/05, che prevede che il patrocinio a spese dello Stato garantisce, oltre all’ assistenza legale e la rappresentanza in sede di giudizio, nonchè l'esonero dalle spese processuali, comprese le spese previste all'articolo 7 e gli onorari delle persone incaricate dal giudice di compiere atti durante il procedimento (art. 6 comma 2 lett. b), anche “ la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere a una soluzione prima di intentare un'azione legale” (art. 6 comma 2 lett. a).
Tale previsione – che non si trova nella normativa italiana sul patrocinio a spese dello Stato (cfr art. 74 DPR 115/02), e che è stata prevista dalla direttiva 2003/8/Ce (art. 3)- è estremamente importante perché garantisce una difesa completa del non abbiente, soprattutto in una fase, come quella precontenziosa, in cui è indispensabile essere consigliati, assistiti e guidati da professionisti esperti e competenti, al fine di evitare il ricorso a procedure dispendiose e, eventualmente, giungere, come esplicitamente previsto dalla norma in esame, ad una soluzione extragiudiziale, onde evitare un inutile e dispendioso ricorso all’azione giudiziaria.
Vale spendere sull’argomento qualche parola in considerazione dell’importanza che riveste proprio in rapporto alla spesa che ciascuno Stato eroga per la giustizia.
Ad una lettura superficiale sembrerebbe che la consulenza precontenziosa ovvero l’assistenza legale per l’attività extragiudiziale o ancora per ogni altra necessità non necessariamente connessa alla giurisdizione non sia prevista nel nostro ordinamento interno per il patrocinio a spese dello Stato (cfr. gli artt. 74, 75, 122,124).
In effetti esistono due filoni di pensiero nella dottrina l’uno che ritiene che la tutela offerta dall’art. 24 comma 3° della carta costituzionale abbia una portata limitata all’ambito endoprocessuale, l’altro che si spinge oltre la lettera dell’articolo suddetto rinvenendo nello spirito del legislatore costituzionale una volontà di garantire i mezzi per una efficace tutela stragiudiziale ai fini di una completa attuazione del diritto ad un pieno accesso alla giustizia.
A noi appare da condividere la tesi del Trocker, uno dei maggiori studiosi della materia del gratuito patrocinio, il quale sostiene (Digesto IV, Torino voce Patrocinio gratuito) che “nell’Europa del secondo dopoguerra si fa strada anche la consapevolezza che il problema dell’assistenza legale non si esaurisce nell’esigenza di rendere concreto ed effettivo il diritto alla tutela giurisdizionale. A tale tutela va affiancata con pari importanza quella della tutela prima e fuori del giudizio, sia nella forma della consulenza in senso stretto sia nella forma dell’assistenza ad eventuali trattative stragiudiziali, tanto di tipo informale quanto di tipo arbitrale, amministrativo, ecc.”.
Orbene, due ragioni sembrano favorire la soluzione positiva e cioè l’estensione del beneficio alla esecuzione forzata (art. 75) nonché la sostituzione del requisito del fumus boni juris previsto dal precedente R.D. n. 3282/23 con quello della non manifesta infondatezza della pretesa del non abbiente che non esclude un riesame della scelta giudiziale con una strategia che risolva il problema a livello stragiudiziale.
Ai sensi dell’art. 6 comma 3° “Il patrocinio a spese dello Stato non copre le spese sostenute dalla parte avversa qualora il beneficiario perda la causa ed il giudice pronunci sentenza di condanna della parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte.
Anche nell’ordinamento interno non si può chiedere nulla alla parte ammessa al beneficio risultata soccombente e nei confronti della quale il giudice abbia emesso provvedimento di condanna in punto di spese.
L’art. 6 comma 4° rimanda esplicitamente agli artt.133, 134 e 136 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Art. 133 (L) dpr 115/02 Pagamento in favore dello Stato “1.Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato.”
Art. 134 (L) dpr 115/02 Recupero delle spese “1.Se lo Stato non recupera ai sensi dell'articolo 133 e se la vittoria della causa o la composizione della lite ha messo la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su di questa lo Stato ha diritto di rivalsa. 2.La rivalsa può essere esercitata per le spese prenotate e anticipate quando per sentenza o transazione la parte ammessa ha conseguito almeno il sestuplo delle spese, o nel caso di rinuncia all'azione o di estinzione del giudizio; può essere esercitata per le sole spese anticipate indipendentemente dalla somma o valore conseguito.3.Nelle cause che vengono definite per transazione, tutte le parti sono solidalmente obbligate al pagamento delle spese prenotate a debito, ed è vietato accollarle al soggetto ammesso al patrocinio. Ogni patto contrario è nullo. 4.Quando il giudizio è estinto o rinunciato l'attore o l'impugnante diverso dalla parte ammessa al patrocinio è obbligato al pagamento delle spese prenotate a debito. 5.Nelle ipotesi di cancellazione ai sensi dell'articolo 309 codice di procedura civile e nei casi di estinzione diversi da quelli previsti nei commi 2 e 4, tutte le parti sono tenute solidamente al pagamento delle spese prenotate a debito.”
Art. 136 (L) dpr 115/02 Revoca del provvedimento di ammissione “1.Se nel corso del processo sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell'ammissione al patrocinio, il magistrato che procede revoca il provvedimento di ammissione. 2.Con decreto il magistrato revoca l'ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati, se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione ovvero se l'interessato
L’art. 7 indica le spese derivanti dal carattere transfrontaliero della controversia e che sono coperte dal patrocinio a spese dello Stato. Più specificamente rientrano nella copertura le spese di interpretazione, le spese di traduzione dei documenti necessari per la soluzione della controversia richiesti dal giudice o dall'autorità competente e presentati dal beneficiario, nonchè le spese di viaggio a carico del richiedente, quando la presenza fisica in aula delle persone che debbono esporre il caso e' richiesta a norma di legge o dal giudice di detto Stato membro e il giudice decide che non esiste un'altra possibilità per sentire tali persone in modo appropriato.
Con il 19° considerando la direttiva CE stabilisce che nel considerare se la presenza fisica di una persona sia richiesta in aula i giudici di uno Stato membro dovrebbero valutare i vantaggi delle possibilità offerte dal regolamento CE n. 1206/2001 del Consiglio del 28 maggio 2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile e commerciale.
L’art. 8 indica i costi del patrocinio concesso dallo Stato membro al richiedente: “a) le spese per l'assistenza di un avvocato locale o di qualsiasi altra persona abilitata dalla legge a fornire consulenza legale, sostenute in tale Stato finche' la domanda di patrocinio a spese dello Stato non sia pervenuta, ai sensi del presente decreto, nello Stato ove pende il processo; b) la traduzione della domanda e dei necessari documenti giustificativi al momento della presentazione della domanda alle autorità di tale Stato dell'Unione europea.
L’art. 9 (così come previsto dall’art. 75 del DPR 115/02), dispone che “1. L'ammissione al patrocinio e' valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse. 2. La disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico.”
L’ultimo comma dell’art. 9 prevede che le disposizioni del decreto in esame si applicano, altresì, quando il beneficiario del patrocinio chiede che la sentenza di un giudice straniero sia eseguita o dichiarata esecutiva in Italia.
Appare estremamente importante quanto disposto dall’art. 10 del decreto in esame, secondo cui “ Il patrocinio e', altresì, esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dal presente decreto, qualora l'uso di tali mezzi sia previsto come obbligatorio dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa.”
Richiamando quanto detto a commento dell’art. 6 comma 2 lett. a), osserviamo che la esigenza della “non manifesta infondatezza” della questione nelle ipotesi di consulenza, come in quelle di volontaria giurisdizione non contenziosa, è appagata dalla necessità di una assistenza nella vicenda che impone conoscenze tecniche.
Il decreto legislativo 116/05 dispone poi che il patrocinio e' concesso per l'esecuzione di atti autentici alle condizioni definite nel decreto (art. 11).
Tale esigenza sorge in relazione alla complessità e alle differenze dei sistemi giuridici degli Stati membri.
Il capo IV del decreto in esame detta la procedura per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato (artt. 12-16).
L’organo competente a decidere l’istanza è indicato nell’art. 12 con un espresso richiamo all’art. 124, 2° comma dpr 115/02 :“1. Salvo quanto previsto dall'articolo 8, la domanda di ammissione al patrocinio e' accolta o respinta dall'autorità competente dello Stato ove pende il processo. 2. Per i giudizi pendenti sul territorio nazionale e' competente il consiglio dell'ordine degli avvocati individuato ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.”
Art. 124 (Organo competente a ricevere l'istanza) “…….. 2.Il consiglio dell'ordine competente è quello del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito. Se procede la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, ovvero le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionali centrali presso la Corte dei conti, il consiglio dell'ordine competente è quello del luogo ove ha sede il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”
Le domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato possono essere presentate in ogni stato e grado del processo secondo le modalità indicate nell’art. 13 1° comma.
L’interessato all’ammissione può presentare la domanda all’autorità competente dello Stato dell’Unione europea in cui è domiciliato o soggiorna regolarmente (autorità preposta alla trasmissione) oppure all’autorità competente dello Stato ove pende il processo o in cui la decisione deve essere eseguita (autorità di ricezione) (ivi comma 2°).
Il Ministero può decidere il rigetto della istanza ove questa sia infondata ovvero esuli dal campo di applicazione del decreto.
L’interessato può proporre reclamo alla Corte di Appello nel cui distretto è domiciliato o soggiorna regolarmente e la Corte decide con decreto che l’interessato dovrà trasmettere al Ministero della giustizia.
In Italia l’autorità di trasmissione e di ricezione è il Ministero della giustizia.
La domanda di ammissione, redatta secondo le modalità indicate dall’art. 78 comma 2 e 79 dpr 115/02, in base ad un formulario uniforme approntato dalla Commissione delle Comunità Europee (art. 16 decreto in commento), deve essere compilata in lingua italiana, inglese o francese ai sensi dell’art. 14 comma 1, e viene trasmessa, mediante un formulario uniforme approntato dalla Commissione della Comunità Europea, dal Ministero della giustizia, quale autorità preposta alla trasmissione entro 15 giorni dalla data di ricezione, all’autorità di ricezione competente dello Stato dell’Unione Europea in cui pende il processo o in cui la decisione deve essere eseguita.
Il percorso da seguire per conoscere l’autorità competente a trasmettere e ricevere le domande per il gratuito patrocinio nelle controversie transfrontaliere è il seguente: collegamento al sito giustizia.it/politiche interne e internazionali/cooperazione giudiziaria/attività di cooperazione giudiziaria in materia civile in ambito UE/ATLAS/patrocinio a spese dello Stato/documenti/manuale/Italia (fonte: Ministero della Giustizia-Dipartimento per gli Affari di Giustizia-Direzione Generale della Giustizia Civile).
La domanda deve essere corredata di tutti i documenti giustificativi (che sono dispensati dall’autenticazione o da qualsiasi formalità equivalente) che, qualora si rendesse necessario, saranno tradotti in una delle lingue indicate dal decreto all’art. 14 (italiano, inglese o francese).
E’ da notare che il riferimento al comma 3 contenuto nel comma 6° dell’articolo in commento sia un refuso.
Il Ministero della giustizia, quale autorità preposta alla trasmissione, qualora sia manifesto che la domanda è infondata o che esula dal campo di applicazione del decreto in esame, può rigettare la domanda con atto motivato che viene trasmesso al richiedente. La domanda di ammissione può in tali casi essere proposta alla Corte di Appello nel cui distretto è domiciliato o soggiorna regolarmente l’interessato, che decide con decreto che deve essere trasmesso dal richiedente al Ministero della giustizia.
L’ultimo comma dell’art. 13 stabilisce che le eventuali spese di traduzione, sostenute a titolo gratuito dal Ministero della giustizia quale autorità preposta alla trasmissione in virtù del combinato disposto dell’art. 8 e 14 dlgv 116/05, dovranno essere rimborsate dal richiedente in caso di rigetto della domanda da parte dell’autorità competente dello Stato ove pende il processo (in Italia il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati individuato ai sensi dell’art. 124 comma 2 dpr 115/02).
L’art. 14 prevede che le domande presentate presso il Ministero della giustizia vengono compilate e i documenti giustificativi tradotti in una delle tre lingue italiana, francese o inglese.
L’art. 15 prevede che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati decide sulla richiesta nei dieci giorni successivi a quello in cui è pervenuta la domanda di ammissione al patrocinio da parte dell’autorità di ricezione di cui all’art. 14 e se ricorrono le condizioni di cui all’art. 4 e 5 del decreto in esame il richiedente viene ammesso al patrocinio in via anticipata e provvisoria.
Qualora non ricorrano le condizioni di ammissione la domanda viene rigettata con provvedimento succintamente motivato.
La copia dell’atto che accoglie, respinge o dichiara inammissibile l’istanza è trasmessa all’interessato e al magistrato. In caso di non accoglimento dell’istanza da parte del Consiglio dell’Ordine la domanda può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto (cfr art. 126 comma 2 e 3 dpr 115/02).
ART. 126(Ammissione anticipata da parte del consiglio dell'ordine degli avvocati)
1. Nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l'istanza di ammissione, il consiglio dell'ordine degli avvocati, verificata l'ammissibilità dell'istanza, ammette l'interessato in via anticipata e provvisoria al patrocinio se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista, ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio è subordinata e se le pretese che l'interessato intende far valere non appaiono manifestamente infondate.
2. Copia dell'atto con il quale il consiglio dell'ordine accoglie o respinge, ovvero dichiara inammissibile l'istanza, è trasmessa all'interessato e al magistrato.
3. Se il consiglio dell'ordine respinge o dichiara inammissibile l'istanza, questa può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto. (fine)
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* Avv. Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti – Comitato Legislazione e ricerca – 11/05)
 
 

 

IL D.LGS 27 MAGGIO 2005 N.116 DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA N. 2003/8/CE PER LE CONTROVERSIE TRANSFRONTALIERE - II PARTE: I CAPI I e II

Il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 116
(attuazione della direttiva 2003/8/CE)
di Nicola Ianniello*
 
II – Capi I e II del D.Lgs n.116/2005
 
Nella prima parte del presente studio si è tentata una interpretazione della norma di chiusura del testo normativo in oggetto (art. 17 del decreto), al fine di chiarire il quadro normativo di legislazione domestica e internazionale della disciplina del patrocinio a spese dello Stato.
Ai sensi dell’art. 17 del citato decreto “nei rapporti tra gli Stati dell’Unione europea e in relazione alle disposizioni in esso contenute, il presente decreto prevale sulle disposizioni contenute in accordi bilaterali o multilaterali conclusi dagli stati membri, compresi: a) l’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste d’assistenza giudiziaria firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, modificato dal protocollo addizionale all’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, firmato a Mosca nel 2001; b) la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 intesa a facilitare l’accesso internazionale della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei Titoli I e IV, della Parte III, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.
Sembra utile rammentare che il decreto in esame detta le norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva 2003/8/CE. Con la L. 31 ottobre 2003, n. 306 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2003 , il Governo è stato delegato ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla sua entrata in vigore, tra gli altri, il decreto legislativo gennaio 2003.
Nel presente capitolo si pongono all’attenzione i primi due capi del decreto che, come indicato dall’art. 1, mira al miglioramento dell’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere, disponendo misure necessarie ad assicurare il patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, anche per controversie di natura commerciale.
 
In Italia le liti di competenza dei Tribunali speciali di commercio sono state abolite fin dal 25 gennaio 1988 di guisa che oggi non ha più senso parlare nel nostro ordinamento della distinzione tra liti civili e commerciali rientrando queste ultime nelle prime
Così come previsto dalla direttiva comunitaria 2003/8/CE, il decreto non si applica ai processi amministrativi, contabili e tributari (art. 1, II co.).
L’art. 2 del dlgv 116/05 chiarisce cosa si intende per “controversia transfrontaliera”: “una controversia in cui la parte che chiede il patrocinio e' domiciliata o regolarmente soggiornante sul territorio di uno Stato appartenente all'Unione europea diverso da quello ove pende il processo o in cui la sentenza deve essere eseguita. 2. Lo Stato dell'Unione europea in cui una parte e' domiciliata e' determinato conformemente all'articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. 3. La data di riferimento per stabilire se esiste controversia transfrontaliera e' la data di presentazione della domanda, in conformità del presente decreto. 4. Nel presente decreto, per Stato dell'Unione europea si intendono gli Stati dell'Unione europea ad esclusione della Danimarca.
L’art. 2 della direttiva 2003/8/CE definisce la controversia transfrontaliera quale quella in cui “la parte che chiede il patrocinio a spese dello Stato ai sensi della presente direttiva è domiciliata o dimora abitualmente in uno Stato membro diverso da quello del foro o in cui la sentenza deve essere eseguita”.
E’ fondamentale stabilire il momento in cui viene radicata la controversia transfrontaliera che viene fissato alla data di presentazione della domanda e ciò per i riflessi sulla litispendenza.
Per quanto riguarda la Danimarca rammentiamo che il 34° considerando della direttiva fonte del decreto in oggetto recita “La Danimarca, conformemente agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al Trattato sull’Unione europea ed al Trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all’adozione della presente direttiva e non è pertanto vincolata dalla stessa né la applica”.
L’art. 3 stabilisce i soggetti destinatari delle disposizioni del presente decreto che si applica “ai cittadini dell'Unione europea ed ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in uno degli Stati dell'Unione” riportando una rubrica non elegante dal punto di vista terminologica ma significativa: non discriminazione.
Le condizioni per l’ammissione al patrocinio sono indicate nel capo II del dlgv 116/05 (artt. 4-5). Nei primi tre commi dell’art. 4 (“Condizioni di reddito”) è di fatto riportato il contenuto dell’art. 76 dpr 115/02
Art. 76 DPR 115/2002: “1.Può essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.296,22. 2. salvo quanto previsto dall’art. 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante. 3. ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad importa sostitutiva. 4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei procedimenti in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.”
I primi tre commi dell’art.4 del decreto in esame recitano:“1. Può essere ammesso al patrocinio chi e' titolare di un reddito complessivo annuo lordo dichiarato ai fini fiscali non superiore a euro 9.296,22. 2. Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante. In tale caso, i limiti di reddito sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi. 3. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.
Costituisce una fondamentale innovazione rispetto al T.U. n.115/02 la previsione di cui al secondo comma sopra riportata e cioè che i limiti di reddito vengono elevati di euro 1032,91 per ogni familiare convivente.
Si rammenta che l’art. 92 del T.U. n.115/02 (“Se l'interessato all'ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”) è contenuto nel Titolo II Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e non è riportato nella disciplina contenuta nel Titolo IV riguardante le disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario.
 
Il quarto comma dell’articolo in esame prevede un’ipotesi nuova, connessa al carattere transfrontaliero delle controversie ovvero che“ i limiti fissati dai commi 1 e 2 non ostano a che il patrocinio a spese dello Stato sia accordato al richiedente che supera il limite se egli dimostra di non poter sostenere le spese processuali di cui all'articolo 6, comma 2, a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro.”
Infatti, la Dir. 2003/8/CE, prevede che i limiti al di sopra dei quali si presume che il richiedente il patrocinio a spese dello Stato possa sostenere, parzialmente o totalmente, le spese processuali non ostano a che il beneficio gli sia accordato se egli dimostra di non poter sostenere le spese processuali a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro.
Di contro nel quinto comma dell’art. 4 è previsto che “il patrocinio non e' concesso al richiedente che può, nella fattispecie, disporre di un accesso effettivo ad altri meccanismi che coprono le spese processuali di cui all'articolo 3.” in perfetta sintonia con il dettato della direttiva 2003/8/CE (art. 5 ult. comma).
Con il 16° considerando la direttiva CE chiarisce che gli altri meccanismi che permettono in casi specifici l’accesso effettivo alla giustizia non sono una forma di patrocinio a spese dello Stato. Si può tuttavia presumere che la persona che può far ricorso a tali mezzi possa sostenere le spese processuali nonostante la sua situazione finanziaria sfavorevole.
I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni con le modalità indicate dall’art. 77 DPR 115/02 cui l’ultimo comma dell’art. 4 dlgv 116/05 in esame rimanda.
ART. 77(Adeguamento dei limiti di reddito per l'ammissione) I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
L’art. 5 dispone che, in caso di manifesta infondatezza dell’azione giudiziaria, la domanda di patrocinio ad essa relativa sia respinta, confermando così il principio sancito dall’art. 74 del T.U. spese di giustizia, che prevede che il patrocinio a spese dello stato è assicurato al cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.
La direttiva 2003/8/CE prevede, infatti, la possibilità, per gli stati membri, di disporre che le domande di patrocinio a spese dello Stato relative ad un'azione giudiziaria manifestamente infondata possano essere respinte dalle autorità competenti (17° considerando conf. art. 6 della direttiva).
Il secondo comma dell’art. 5 del decreto prevede che “ ai fini del comma 1, quando il richiedente chiede il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguarda una pretesa derivante direttamente dall'attività autonoma o commerciale del richiedente sono valutate l'importanza del caso specifico per il richiedente e la natura della causa.”
Nella direttiva fonte del decreto in esame si dispone (17° considerando) che, nel prendere una decisione sul merito di una domanda, gli Stati membri possono respingere le richieste di patrocinio a spese dello Stato qualora il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver subito perdite materiali o finanziarie o la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall’attività autonoma o commerciale del richiedente. In tale ipotesi gli Stati membri debbono valutare l’importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tenere conto della natura della causa.(segue)
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* Avv. Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti – Comitato Legislazione e ricerca – 10/05)

 

IL D.LGS 27 MAGGIO 2005 N.116 DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA N. 2003/8/CE PER LE CONTROVERSIE TRANSFRONTALIERE - I PARTE: L'ART. 17

Il D.lgs. 27 maggio 2005 n. 116
(attuazione della direttiva 2003/8/CE)
di Nicola Ianniello*
 
I – L’art. 17 del D.Lgs n.116/2005
La posizione assunta dal legislatore delegato con il D.Lgs n.116 del 27 maggio 2005 di attuazione della direttiva n. 2003/8/CE del 27 gennaio 2003 “intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minimi comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie” (direttiva commentata nell’articolo reperibile sul sito dell’associazione www.anvag.it, nella rubrica Novità dal titolo “Approvato il formulario per le domande di patrocinio a spese dello stato da inviare in un paese membro della comunità europea” (a cura del Comitato per i rapporti con l'estero) suggerisce una preliminare ed inconsueta disamina “a ritroso” muovendo dalla interpretazione della norma di chiusura del testo normativo, al fine di ricostruire alcuni aspetti del quadro normativo, non solo di derivazione interna, della disciplina del patrocinio a spese dello Stato.
Ai sensi dell’art. 17 del citato decreto, in tema di norme applicabili, si legge che “nei rapporti tra gli Stati dell’Unione europea e in relazione alle disposizioni in esso contenute, il presente decreto prevale sulle disposizioni contenute in accordi bilaterali o multilaterali conclusi dagli stati membri, compresi: a) l’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste d’assistenza giudiziaria firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, modificato dal protocollo addizionale all’accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, firmato a Mosca nel 2001; b) la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 intesa a facilitare l’accesso internazionale della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei Titoli I e IV, della Parte III, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.
La prima fonte ad essere richiamata è dunque l’accordo europeo di Strasburgo del 27 gennaio 1977 (testo integrale reperibile sul sito www.anvag.it, rubrica Europa). Tale accordo, che si compone di appena sedici articoli, si prefigge il superamento degli ostacoli di ordine economico nei procedimenti civili, al fine di consentire alle persone finanziariamente più deboli un più agevole esercizio dei propri diritti, a tal fine prevedendo l’istituzione di un uniforme modus operandi fra gli Stati membri firmatari del Consiglio d’Europa per la ricezione e trasmissione delle istanze di assistenza giudiziaria “in materia civile, commerciale o amministrativa” presentate da “persona che abbia la propria residenza abituale nel territorio di una delle parti contraenti” nel territorio di un’altra parte contraente (art. 1).
A tale scopo, le parti contraenti si impegnano a scambiarsi informazioni circa lo stato della propria legislazione in materia di assistenza giudiziaria (art. 7) e a non imporre alcuna spesa ai richiedenti per i servizi resi in applicazione dell’accordo (art. 5), con facoltà (a dire il vero, genericamente determinata e priva dei necessari criteri delimitativi del potere discrezionale di diniego) in capo alla autorità preposta alla trasmissione di rifiutare la propria assistenza al richiedente, in caso di manifesta mancanza di buona fede nella presentazione della domanda (art. 3, 1 comma).
Ancora più sintetico ed essenziale, il Protocollo addizionale firmato a Mosca nel 2001 (per una lettura integrale del testo in lingua ufficiale, si rimanda al sito www.anvag.it, rubrica Europa) recante disposizioni volte ad ampliare ed integrare il contenuto dell’accordo europeo di Strasburgo, proseguendo dunque la traccia delineata già nel 1977 mira a colmarne alcune lacune in ordine, tra l’altro, alla tutela del diritto (di difesa) del richiedente di relazionare con il difensore non solo in giudizio, ma anche nella fase precontenziosa. In particolare, alle autorità di ricezione delle istanze (“requested Party”, art. 3) viene chiesto di assicurare che i difensori nominati per la assistenza adottino un linguaggio agevolmente comprensibile dagli istanti e che le attività di traduzione ed interpretazione e, più in generale, le attività e gli adempimenti necessari alla effettività della assistenza legale, nel rapporto avvocato-richiedente, siano esenti da spese. Rispetto al precedente accordo del 1977, il Protocollo di Mosca introduce il principio della ragionevole durata dei tempi entro i quali, di concerto, le autorità centrali preposte alla ricezione e alla trasmissione delle istanze dovranno pervenire alla trattazione e definizione delle domande ricevute. Qualora entro sei mesi dalla ricezione della completa documentazione relativa alla domanda, l’autorità giudiziaria e/o amministrativa richiesta non abbia ancora deliberato, alle autorità di ricezione centrale si fa obbligo di riferire dettagliatamente all’autorità centrale dello Stato richiedente la natura del decorso della domanda nonché i motivi del ritardo che ostano alla decisione.
Dello stesso tenore, benché inerente agli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, si colloca infine la Convenzione aperta alla firma dell’Aja del 25 ottobre 1980 (il cui testo integrale è reperibile sul sito www.anvag.it, rubrica Europa). La Convenzione ha come fine (art. 1) di “assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri stati contraenti”, riconoscendo il diritto (non solo alle persone fisiche, ma anche alle istituzioni ed enti) di rivolgersi sia all’autorità centrale della residenza abituale del minore, sia a quella di ogni altro stato contraente, al fine di ottenere assistenza per assicurare il ritorno del minore (art. 8). La speditezza della procedura, in tal caso assolutamente necessitata per la preminenza dei diritti ed interessi coinvolti, è ancora una volta (tendenzialmente) assicurata dalla previsione di termini per la deliberazione da parte della autorità giudiziaria o amministrativa richiesta (sei settimane, ex art. 11).
Al termine di questo sommario excursus delle fonti di derivazione extranazionale, richiamate dall’art. 17 del decreto legislativo n. 116 del 27 maggio 2005, si impongono conclusivamente alcune brevi riflessioni. La forza cogente delle disposizioni del citato decreto che, in attuazione dell’art. 20 della direttiva 2003/8/CE, prevalgono su quelle contenute negli accodi bilaterali o multilaterali conclusi con gli Stati membri, ivi inclusi l’accordo europeo di Strasburgo, modificato dal protocollo addizionale di Mosca del 2001 e la Convenzione dell’Aja del 1980, in realtà, nel perseguire l’intento di assicurare salvezza applicativa al Testo Unico sulle spese di giustizia di cui al D.P.R. n.115/2002, parte III, cade apparentemente in una falla sistematica.
La direttiva comunitaria, infatti, contrariamente al diritto interno sul patrocinio a spese dello Stato che non contempla ancora un istituto a ciò assimilabile e/o equipollente, riconosce il servizio del “patrocinio parziale”, fruibile da coloro che, pur versando in situazioni economiche ostative all’accesso privato alla giustizia, esorbitano dalla ristretta capacità reddituale fissata ex lege per accedere al beneficio. Sul punto, l’art. 4 della direttiva fa salva la facoltà degli stati membri di “chiedere ai beneficiari del patrocinio a spese dello stato di corrispondere un contributo ragionevole a copertura delle spese processuali” alla luce delle condizioni di cui al successivo art. 5.
Nonostante la particolare natura che nel sistema delle fonti comunitarie si riconosce allo strumento della direttiva (vincolante solo in ordine al risultato da conseguire, con piena discrezionalità per gli Stati membri nella scelta dei mezzi per darvi attuazione), è ancora fortemente auspicabile che l’intervento del legislatore si attesti al più presto sulla introduzione del beneficio parziale, con cui potenziare l’effettività del diritto di accesso alla giustizia da parte dei “nuovi poveri”.
Sempre maggiore, infatti, è la pressione numerica che, tra le fasce medie della società, muove ed attrae verso la soglia della povertà coloro che, pur non rispondendo ai canoni normativi della “non abbienza” in quanto titolari di una capacità reddituale superiore agli angusti limiti fissati dal T.U. n. 115/2002 (euro 9.296,22) per l’ammissione al beneficio, subiscono ciononostante i perversi effetti di un sistema nel quale gli elevati costi della macchina della giustizia finiscono inevitabilmente per sacrificare le aspettative – altrettanto meritevoli di tutela - di garanzia e parità sostanziale dei cittadini di “ceto medio”. La previsione del beneficio parziale, dunque, potrebbe a ragione rappresentare il giusto veicolo per garantire ai cittadini l’effettività del diritto di difesa, essendo nella facoltà degli Stati membri di “prevedere disposizioni più favorevoli per i richiedenti il patrocinio a spese dello Stato e per i beneficiari dello stesso” (art. 19 direttiva 2003/8/CE): ciò che è stato oggetto di recenti riflessioni del sottoscritto in occasione della pubblicazione dell’annuale rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale 2004 curato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (l’articolo si trova sul sito www.anvag.it nella rubrica Novità). (segue).
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* Avv. Nicola Ianniello presidente dell’A.N.V.A.G. Associazione Nazionale Volontari avvocati per il Gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti – Comitato Legislazione e ricerca – 09/05)

 

L’ordinanza n.52 del 10 febbraio 2006 della Corte Costituzionale sul reclamo avverso i provvedimenti di liquidazione degli onorari (art. 170 T.U. n.115/02).

 
Il Giudice delle leggi ha ancora una volta dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia – Testo B), come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 76 della Costituzione, dal Tribunale di Siracusa, sezione penale, in composizione monocratica.
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