Corte di Cassazione

Qui trovate l'elenco dei provvedimenti della Corte Suprema di Cassazione. Per leggere un provvedimento per intero, cliccare sul titolo o sulla dicitura "Leggi Tutto" in calce ad ogni pubblicazione.

Cass sez IV pen. sent. n. 20262 dep 12 mag 2023

Il Tribunale di Catania dichiara inammissibile il ricorso in opposizione presentato ex art. 702 bis cod. proc. civ. avverso il decreto del Tribunale con cui era stata rigettata l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in quanto tardivo.
Infatti, il decreto di rigetto è stato comunicato al difensore in data 13 novembre 2018 e il ricorso in opposizione era stato depositato in data 4 dicembre 2018, ovvero oltre il ventesimo giorno previsto dall'art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Motivi del ricorso:
- il deposito telematico si perfeziona con l'emissione della seconda pec, ovvero quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza, deponendo in tal senso anche le cc.dd. Specifiche Tecniche emanate in attuazione del DM Giustizia n. 44/2011;

nel caso di specie, I' opposizione era stata iscritta a ruolo il 3 dicembre 2018, data in cui il sistema aveva generato le pec di accettazione e consegna deposito ed altresì la terza pec "esito controlli automatici" alle ore 20.50 del medesimo giorno, mentre era stato accettato dalla cancelleria data il 4 dicembre 2018, data in cui cui il sistema aveva generato la quarta pec "accettazione deposito”.

Per la Cassazione il ricorso è fondato: sul punto ribadisce che:

a) il deposito telematico degli atti processuali può dirsi perfezionato con l'emissione della seconda pec, ovvero la ricevuta dì avvenuta consegna, da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia, come disposto dall'art.16 bis, comma 7, d.l n. 179/2012 (convertito in L. n. 221/2012), inserito dall'art. 1, comma 19, n. 2) della L. n. 228 del 2012;

b) la seconda PEC, la cd. "Ricevuta di consegna", attesta che l'invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell'ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, che si considera perfezionato in tale momento, con effetto anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva;

c) la terza PEC attesta l'esito dei controlli automatici del deposito, sull'indirizzo del mittente, che deve essere censito in ReGIndE; il formato del messaggio, che deve essere aderente alle specifiche; la dimensione del messaggio, che non deve eccedere quella massima consentita (30 MB);

d) la quarta PEC attesta, infine, l'esito del controllo manuale del Cancelliere, ovvero se il deposito è stato accettato o meno dalla Cancelleria: con tale accettazione, e solo a seguito di essa, si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC;

e) di conseguenza la la verifica da parte del Giudice della tempestività del ricorso deve avvenire con riferimento al momento di emissione della seconda PEC.

Cass sez II civ sent. n. 11796 pubbl 5 mag 2023

Il Tribunale di Terni ha ritenuto infondata la richiesta di liquidazione del compenso per la difesa di una parte in materia di espulsione dello straniero ammessa al gratuito patrocinio, rilevando che l'opponente non aveva prodotto il provvedimento di ammissione della parte al beneficio di legge e non era legittimato ad opporsi al provvedimento.

Il difensore sostiene che "nei giudizi di opposizione ai provvedimenti di espulsione dello straniero, la parte è ammessa di diritto al patrocinio a spese dello Stato, non occorrendo alcuna ulteriore prova dei presupposti per accedervi" e assume che anche il difensore poteva dolersi della pronuncia, essendo in discussione la sola inosservanza dell'onere della prova dei presupposti per ottenere la liquidazione.
Il motivo è fondato.
Legittimato a dolersi del provvedimento è il difensore della parte, come spiegato in sentenza "avendo il primo giudice semplicemente dichiarato il non luogo a provvedere sull'istanza di liquidazione per il mancato deposito del provvedimento di ammissione e quindi sull'errata conclusione che, nei procedimenti di espulsione dello straniero, sussisterebbe l'onere della parte di documentare l'ammissione mediante la produzione di un provvedimento formale, sebbene detta ammissione discenda per legge nel concorso dei indicati presupposti. Nei procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, la parte che ne faccia richiesta è difatti ammessa di diritto a beneficiare del patrocinio a spese dello Stato".
La Corte chiarisce che il regime è previsto dal dlgs. n. 286/1998 e confermato nel Dpr n. 115/2002 e nel D.Lgs. n. 150/2011 e la stessa Corte Costituzionale ha affermato che "la scelta di porre a carico dell'erario l'onorario e le spese spettanti all'avvocato e all'ausiliario del magistrato, rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la peculiarità del procedimento di espulsione dello straniero" (cfr. Corte Cost. n. 439/2004).
La Corte conclude, pertanto, che "l'ammissione della parte al beneficio, e quindi il diritto del difensore a pretendere la liquidazione dei compensi maturati per l'attività svolta - concludono i giudici accogliendo il ricorso - prescinde dalla presentazione di un'apposita istanza: in tal caso il giudice deve limitarsi a verificare se la parte sia uno straniero extracomunitario e se il procedimento abbia ad oggetto l'impugnazione del decreto di espulsione, senza poter richiedere la produzione di uno specifico provvedimento di ammissione (cfr., Cass. 13833/2008).

Cass sez IV pen sent. n. 25839 pubbl 3 maggio 2023

Il Presidente di Sezione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha dichiarato non luogo a provvedere sulla istanza di opposizione, avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
L'opposizione proposta avverso il decreto di rigetto dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato emesso nell'ambito di un procedimento penale, a differenza di quella al decreto di liquidazione del compenso al custode o all'ausiliario del giudice, deve essere decisa dal giudice penale, stante il carattere accessorio della controversia rispetto al processo penale, e con le forma di tale ultimo processo (così, oltre la richiamata Sez. 4 n. 43227 del 25/9/2019, Sez. 4, n. 1223 del 16/10/2018).

Cass sez IV pen sent n. 16122 pubbl. 17 apr 2023

"ai fini della proposizione del reclamo ai sensi dell'art. 99 d.P.R. n.115/2002 - è - sufficiente la dichiarazione di nomina del difensore e non occorre la procura speciale ex art. 122 cod. proc. pen.".

Cass sez II civ ord n. 7275 pubbl 13 mar 2023

Il difensore di ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso di spese, diritti e onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine.
Il difensore d'ufficio in un procedimento penale, proponeva opposizione contro il decreto di liquidazione emesso dal magistrato procedente, lamentando l'omessa liquidazione delle spese e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine.
La Suprema Corte stabilisce che: "il difensore d'ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedura di recupero del credito non andate a buon fine”.
Tale principio, infatti, risulta del tutto coerente cn la lettera dell'art. 116 Dpr n. 115/2002 e con la sua stessa ratio, poiché l'estensione della liquidazione anche ai compensi e agli esborsi resisi necessari per la conseguente procedura esecutiva, ancorché rimasta infruttuosa, si giustifica per riferirsi strumentalmente e funzionalmente ad una precedente attività professionale comunque resa (anche) nell'interesse dello Stato" (cfr. Cass. n. 40073/2021).
Ricorda la Cassazione che in tema di patrocinio a spese dello Stato, "il difensore d'ufficio non può ottenere la liquidazione dell'onorario a carico dell'erario senza dimostrare di aver effettuato un vano e non pretestuoso tentativo di recupero (nella specie attraverso l'emissione del decreto ingiuntivo, l'intimazione dell'atto di precetto ed il verbale di pignoramento immobiliare negativo), ma non è tenuto a provare anche l'impossidenza dell'assistito, che si risolverebbe in un onere eccessivo e non funzionale all'istituto della difesa d'ufficio" (Cass. n. 8359/2020).

Occorre, inoltre, tenere conto della regola secondo cui "In tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice di cui all'art. 15 del Dlgs 150/2011 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione 'può', contenuta in tale norma, essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere causa cognita, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova" (Cass n. 23133/2021).

Dai principi affermati, dunque, consegue il duplice errore in cui è incorso nel caso di specie il giudice dell'opposizione il quale investito della richiesta di rimborso da parte del difensore d'ufficio, comprensiva degli onorari, "invece di assumere posizioni di principio, avrebbe dovuto verificare se il difensore avesse dimostrato di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali; e dinanzi al dubbio sulla sufficienza della prova richiesta avrebbe dovuto fare uso dei poteri accordati dall'art. 15 del Dlgs 150/2011".

Per cui, l'ordinanza impugnata va cassata con rinvio per nuovo giudizio sulla base degli affermati principi.

Cass sez II civ ord. n. 5316 pubbl 21 feb 2023

Il Tribunale ha rigettato l'opposizione proposta dal Ministero di Giustizia contro il decreto di liquidazione del compenso del difensore in quanto, trascorsi oltre due anni dal provvedimento, il provvedimento era da ritenersi definitivo.
Il Ministero, ritenendo rilevanti alcune comunicazioni dei propri uffici amministrativi, ricorre in cassazione.
La Corte osserva: l’art. 84 D.P.R. 115/2002 dispone che avverso il decreto di pagamento del
compenso al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (decreto che va comunicato al difensore e alle parti, compreso il pubblico ministero), è ammessa opposizione ai sensi del successivo art. 170, che è disciplinata dall'art. 15 D.LGS. 150/2011
La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare che il decreto di liquidazione del compenso deve considerarsi equiparato all’ordinanza del giudice monocratico, appellabile ex art. 702-quater c.p.c..
Pertanto, l’opposizione deve esser proposta – di regola - entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (Corte cost. n. 106/2016).
In mancanza di notificazione o comunicazione, si applica il termine lungo d'impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c. (sei mesi), il quale è riferibile anche ai procedimenti di opposizione regolati dal rito sommario speciale ex D.LGS. 150/2011 e, dunque, all’opposizione avverso i decreti di liquidazione del compenso del difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio (cfr., in termini, Cass.5660/2022; Cass. 5662/2022; Cass. 33606/2022; Cass. 33598/2022; Cass.
34682/2022 ed altre).

Cass sez IV pen sent n. 7032 pubbl 20 feb 2023

Il Tribunale ha rigettato la istanza dell'utente facendo riferimento a 16 precedenti penali relativi a reati contro il patrimonio, truffe soprattutto, da cui il giudicante ha dedotto l'inattendibilità delle dichiarazioni che il richiedente ha reso nella domanda di ammissione.
La Corte, adita tempestivamente, osserva che i precedenti penali per reati contro il patrimonio non sono sufficienti per negare il patrocinio gratuito e che in ogni caso il giudice può avvalersi della Guardia di Finanza per le necessarie verifiche
La stessa ha già avuto modo di precisare che ai fini della concessione del patrocinio il giudice deve tenere conto anche dei redditi che l'istante ha conseguito illecitamente, nondimeno il giudice che decide di rigettare l'istanza per il patrocinio gratuito deve anche indicare nello specifico le ragioni per le quali lo stesso ritene che i limiti reddituali richiesti sono superati.
L'art. 96 del Tu spese di giustizia al comma 2 prevede del resto che per rigettare l'istanza di ammissione al patrocinio gratuito solo se ci sono motivi fondati per ritenere che chi ha presentato l'istanza non versi nelle condizioni reddituali richieste per la concessione del patrocinio gratuito, anche alla luce del tenore di vita del soggetto, delle sue condizioni di natura personale e familiare e della attività economiche eventualmente.

Cass sez 4 pen sent n. 4953 pubbl 6 feb 2023

Il Tribunale aveva rigettato l'opposizione proposta avverso due separati decreti con i quali erano state parimenti rigettate le istanze di ammissione al gratuito patrocinio, in base all'assunto che l’istante aveva dichiarato di non aver percepito alcun reddito proprio e dei familiari conviventi per l'anno di riferimento, osservando che, essendo i genitori in età lavorativa, era inverosimile che tutto il nucleo familiare non avesse percepito alcun reddito.
Proposto ricorso per la cassazione della sentenza, la Corte, nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui il giudice avrebbe dovuto limitarsi a verificare le attestazioni o a vagliarne l'attendibilità, ma non decidere affidandosi a valutazioni di "non verosimiglianza", ha affermato il principio per cui anche a voler riconoscere un margine di valutazione della attendibilità dell'autocertificazione dell'istante relativa alla sussistenza delle condizioni di reddito richieste dalla legge per l'ammissione al beneficio, il rigetto è sempre ricollegato al riconoscimento di indizi gravi, precisi e concordanti circa la disponibilità di risorse economiche non compatibili con quelle dichiarate, ma tale margine non ha modo di esplicarsi in fase di ammissione, fatte salve le ipotesi presuntive disciplinate dalla legge, dovendo semmai conseguire alla attivazione dei poteri istruttori del giudice e ai controlli che, anche d'ufficio, è tenuto a compiere l'ufficio finanziario.

Cass sez II civ. ord. n. 3027 pubbl 1 feb 2023

Il difensore di un contribuente ammesso in via provvisoria al beneficio del patrocinio a spese
dello Stato aveva chiesto per l’assistenza nel giudizio di cassazione il compenso e poiché tale istanza era stata dichiarata inammissibile, aveva proposto opposizione dinanzi al Tribunale ex art. 170 del DPR n.115/2002,
Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’opposizione osservando che ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs n. 150/2011 l’opposizione deve essere indirizzata al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, così che essendo il decreto oggetto di causa stato adottato dal Presidente della CTP , non poteva essere l’opposizione rivolta al Tribunale, né sotto il profilo della competenza funzionale né sotto quello della competenza territoriale.
Giusta il principio affermato dalla stessa Corte (26908/2016), a mente della quale spetta al giudice ordinario conoscere dell’opposizione proposta, ex art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l’attività da lui prestata, nell'interesse di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo, atteso che quello al compenso è un diritto soggettivo non degradabile ad interesse legittimo, né la menzionata disposizione, qualificabile come norma sulla
competenza e non anche sulla giurisdizione, ha introdotto un'ulteriore, eccezionale ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che, peraltro, ove ricorresse, determinerebbe una diminuzione di tutela, in quanto, giusta l’art. 111, comma 2, Cost., avverso le decisioni di quest'ultimo il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
In altre parole il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l'entità delle somme
liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo - avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del compenso - e non consequenziale rispetto a quello svoltosi
davanti al giudice a quo.
Viene quindi affermato il seguente principio di diritto: “Spetta al giudice ordinario la cognizione dell’opposizione proposta, ex art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l’attività da lui prestata, nell'interesse di soggetto
ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ancorché la liquidazione debba essere effettuata dal giudice tributario”

Cass sez VI civ ord. n. 1891 pubbl 20 gen 2023

Al difensore sono dovuti i compensi per ogni singola attività svolta in favore del proprio assistito ammesso al beneficio.

La Corte, nel pronunciarsi sulla domanda di pagamento delle spettanze professionali per la difesa di un imputato ammesso al gratuito patrocinio, ha cassato con rinvio la decisione del tribunale che aveva liquidato il compenso solamente per alcune delle attività difensive svolte.
Il difensore aveva impugnato l'ordinanza del tribunale che aveva confermato il decreto emesso dal Gip, denunciando: a) la violazione dell'art. 12 del D.M. n. 55/2014 in quanto il tribunale non ha tenuto in alcun conto la complessità dell'attività svolta, sviluppatasi nella difesa penale per l'accusa di omicidio aggravato del proprio assistito e con lo studio di complesse questioni di diritto; b) la violazione del richiamato D.M. per avere, il tribunale, liquidato il compenso solo per alcune delle attività difensive, non riconoscendo quelle svolte nella fase delle indagini preliminari, quelle difensive e per tutte le attività svolte in fase cautelare; c) l'omessa e insufficiente motivazione per avere respinto la domanda di emendare il decreto di liquidazione, evidenziando la mancanza di proporzione tra quanto avanzato nella richiesta e l'attività svolta senza, tuttavia, motivarla.

La Corte ha accolto il ricorso cassando con rinvio la decisione impugnata, ricordando che il giudice ha sempre l'obbligo di indicare il criterio adottato per la liquidazione del compenso e di esporre le ragioni per le quali abbia ritenuto di non attribuire al difensore voci elencate nella nota o di liquidare gli onorari in misura inferiore alle richieste, potendo esercitarsi il controllo sulla correttezza della decisione solo ove sia chiaramente enunciati i motivi di eventuali decurtazioni (Cass. 15443/2021, Cass. 1617/2020; Cass. 4871/2018; Cass. 16996/2018; Cass.8824/2018; Cass. 18905/2017).
Nel caso di specie, il tribunale, nel riconoscere che con il decreto impugnato il difensore aveva ottenuto un importo superiore ai parametri medi per lo studio, l'introduzione, l'istruttoria e la decisione, si è, tuttavia, pronunciato solo sui compensi della fase svoltasi innanzi al Gip/Gup senza provvedere sulle ulteriori richieste avanzate dal difensore anche per la difesa svolta nella fase cautelare, durante le indagini preliminari e quelle difensive.

Pagine

Abbonamento a RSS - Corte di Cassazione