Corte di Cassazione

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Cass sez II civ ord n. 4049 pubbl 14 feb 2024

Il G.d.P. liquidava il compenso del difensore applicando la decurtazione ex art. 106bis dpr. n.115/02.
Il Tribunale adito con l'opposizione riconosceva il diritto dell’opponente all’intero compenso comprensivo di spese, e affermava che l’onorario era stato “ingiustificatamente decurtato” del 30%, in quanto non si verteva “in materia di patrocinio a spese dello Stato ma di difesa di ufficio”
Il Ministero è ricorso in Cassazione.
La Corte ha accolto il ricorso sostenendo che l'art. 106-bis, non costituisce violazione del minimo tariffario: la norma costituisce disposizione speciale, applicabile alle liquidazioni del compenso previsto per il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile, per le quali sussistono le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell'interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell'avvocato ad un compenso equo.
> (Cass 22257/22 cit. e successive)

V. precedente Cassaz sez VIciv ord. n. 14085 pubbl. 4 mag 2022 in cui si stabilisce che “ risultano applicabili al difensore d’ufficio le sole previsioni del patrocinio a spese dello Stato che regolano le forme e le modalità di calcolo della liquidazione, "quando il difensore dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali" (Cass. 32764/2019)”.

Cass. sez. II civ ord. n. 3606. pubbl 8 feb 2024

Patrocinio a spese dello Stato - Liquidazione del compenso - Opposizione dell’Avvocato contro il provvedimento che liquida il compenso - Applicabilità della riduzione ex art. 130 d.P.R. n. 115 del 2002 - Esclusione – Fondamento

In tema di patrocinio a spese dello Stato, le spese sostenute per l'opposizione proposta dall'avvocato avverso il decreto di liquidazione vanno liquidate in base al principio della soccombenza, ma senza alcuna possibilità di riduzione ex art. 130 d.P.R. n. 155 del 2002 in quanto, esauritasi la prestazione resa a favore del soggetto patrocinato, l'oggetto del contendere verte unicamente sulla misura del compenso. (massima ufficiale)

Per la Corte va affermato il seguente principio di diritto: In caso di applicazione dell’art. 116 del DPR n. 115/2002, le spese sostenute per il recupero dei crediti professionali, ove consistenti nel rimborso dei compensi maturati per le procedure civili esperite nei confronti del cliente (monitorie o esecutive) non sono suscettibili di decurtazione ai sensi dell’art. 106 bis del medesimo DPR n. 115/2002.
In più, la Corte rileva nella fattispecie la falsa applicazione dell’art. 130: premesso che il ricorso
avverso il decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dall'art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002 - come già nella vigenza della l. n. 319 del 1980 -, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante - con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all'art. 112 c.p.c. -e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza. nell’ipotesi in cui l’opposizione sia rivolta avverso il provvedimento con il quale sia stata rigettata la richiesta di ammissione al beneficio del patrocinio, ove si ritiene che il
decreto di ammissione estenda i suoi effetti a tutte le procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse al procedimento penale, tra le quali deve essere annoverata quella originata dal rigetto della domanda di ammissione (Cass.pen. n. 22757/2018; Cass. n. 30380/2023), tale estensione
non opera nel momento in cui, esauritasi la prestazione resa a favore del soggetto patrocinato, l’oggetto del contendere verta unicamente sulla misura del compenso.
In tale ipotesi, le spese eventualmente sostenute per l’opposizione al decreto di liquidazione (che ben potrebbe essere patrocinato da difensore diverso da quello che ha presentato istanza di liquidazione) vanno riconosciute, come detto, in base al principio della soccombenza, ma senza alcuna possibilità di riduzione ai sensi dell’art. 130 citato.

Cass sez II civ ord. n. 2525 pubbl 26 gen 2024

Il giudice è tenuto a liquidare il compenso al difensore per l’attività difensiva svolta in favore della parte ammessa al patrocinio, con decorrenza dalla data di presentazione dell’istanza, e non sono sindacabili le ragioni per le quali la richiesta di ammissione al patrocinio avvenga in una fase processuale piuttosto che in un'altra.

Il Tribunale di Ferrara respingeva l’opposizione proposta, ex art.170 del DPR n.115/2002, dall difensore avverso il decreto di rigetto dell’istanza di liquidazione dei compensi per l’attività svolta in un procedimento penale in favore di imputato ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato in quanto dopo l’istruttoria dibattimentale, l difensore, dopo l’istruttoria
dibattimentale, aveva chiesto il rinvio dell’udienza di discussione e, nelle more della celebrazione dell’udienza, aveva presentato la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio. Secondo il Tribunale, il rinvio sarebbe stato chiesto al solo fine di ottenere il beneficio e tale comportamento avrebbe costituito una forma di abuso del diritto, tanto più che dal verbale non emergevano le ragioni per le quali era stato chiesto il rinvio.
Ebbene, secondo la Cassazione l'affermazione secondo cui la richiesta di rinvio per la discussione fosse strumentale, al fine di consentire al difensore il deposito dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio è fondata su illazioni e si pone in contrasto con la facoltà, riconosciuta al non abbiente, di richiedere il beneficio senza limiti di tempo, purché ricorrano i presupposti per l’ammissione al patrocinio.
In più, è apparente, perché avulsa da qualsiasi principio di diritto, l’affermazione secondo cui la richiesta di rinvio per la discussione costituiva una forma di abuso del diritto, né è rilevante che dal verbale non emergano le ragioni per le quali era stato disposto il rinvio.
Infatti, insegna la Corte, alla base dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato vi è la necessità di assicurare la difesa ai non abbienti, con l’unico limite dell’abuso del diritto nell’ipotesi in cui siano state coltivate impugnazioni inammissibili o sostenute spese superflue.
Negli altri casi, il giudice è tenuto a liquidare il compenso al difensore per l’attività difensiva svolta in favore della parte ammessa al patrocinio, con decorrenza dalla data di presentazione dell’istanza, né sono sindacabili le ragioni per le quali la richiesta di ammissione al patrocinio avvenga in una fase processuale piuttosto che in un'altra, purché sussistano le condizioni per l’ammissione al beneficio.
Nel caso di specie, l’imputato ha presentato l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio nel corso del processo penale, dopo lo svolgimento dell’istruttoria dibattimentale, sicché il giudice era tenuto a liquidare il compenso per la fase della discussione.

Cass sez. II civ ord.n. 2502 pubbl. 26 gen 2024

Al difensore va liquidato il compenso per la fase istruttoria anche in caso di estinzione per prescrizione del procedimento se ha depositato la lista testimoniale e citato i testi.

Il Tribunale aveva negato il compenso ritenendo che la fase istruttoria non si fosse mai svolta in quanto il processo, che aveva tratto origine dall’opposizione a decreto penale di condanna, dopo una serie di rinvii, era stato definito con la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

Il difensore ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo che il Tribunale non aveva liquidato la fase istruttoria “sull’erroneo presupposto che essa non si fosse svolta, sebbene il difensore avesse depositato una lista testimoniale ed avesse citato i testi”.

La Corte adita ha accolto il ricorso motivando che il Tribunale “non ha considerato che l’art.12, comma 3 del D.M. 55/2014 prevede che la fase istruttoria non consiste solo nell’escussione dei testi, acquisizione di documentazione etc., ma comprende anche l’attività preparatoria”, vale a dire: “le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l’esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato”.
N.B. Per la fase dibattimentale vedi ord n. 28170/2023

Cass sez II civ sent n. 31928 pubbl 16 nov 2023

Il difensore del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato ha chiesto nella memoria depositata in prossimità dell’udienza di distrarre le spese “in favore del sottoscritto procuratore, con rinunzia al beneficio del patrocinio”. Al riguardo va precisato che “la presentazione dell'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non costituisce rinuncia implicita al beneficio da parte dell'assistito, attesa la diversa finalità e il diverso piano di operatività del gratuito patrocinio e della distrazione delle spese - l'uno volto a garantire alla parte non abbiente l'effettività del diritto di difesa e l'altra ad attribuire al difensore un diritto in rem propriam - con la conseguenza che il difensore è privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, compreso il diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo, potendo la rinuncia allo stesso provenire solo dal titolare del beneficio, e tenuto conto, peraltro, che l'istituto del gratuito patrocinio è revocabile unicamente nelle tre ipotesi tipizzate nell'art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002, norma eccezionale, come tale non applicabile analogicamente” (così Cass., sez. un., n. 8561/2021).
Essendo risultata vittoriosa la parte ammessa al patrocinio statale, la condanna alle spese va pertanto disposta – ai sensi dell’art. 133 del d.P.R. 115/2002 – in favore dello Stato e il difensore dovrà poi chiedere la liquidazione del proprio compenso ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R. Va ricordato che il giudice civile non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente: “in tal modo si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero”.

Cass. Sez IV pen sent n. 44900 pubbl 8 nov 2023

Ammissione al gratuito patrocinio con falsa dichiarazione non osta alla tenuità del fatto
La Corte chiarisce che, in tema di gratuito patrocinio, l’avvenuta ammissione al beneficio, in quanto espressamente prevista dal legislatore come circostanza aggravante del delitto previsto dall’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non costituisce fattore ostativo all’eventuale riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p.
L’imputato, ritenuto responsabile dalla Corte di appello di Palermo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per avere dichiarato falsamente, in occasione di istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, un reddito familiare inferiore a quello reale e, dunque, condannato, con le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di avere conseguito il beneficio, alla pena di giustizia, propone ricorso per due motivi:
la pacifica circostanza di avere l’imputato fatto espressa menzione nell’istanza ed allegato materialmente ad essa la dichiarazione per il calcolo ISEE, circostanza, questa, che dimostrerebbe per tabulas, l’errore commesso in buona fede, anche in considerazione della mancanza di cognizioni tecniche da parte dell’imputato. L’errore, dunque, ad avviso del ricorrente, sarebbe da ritenersi scusabile ai sensi dell’art. 5 c.p., così come interpretato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 364 del 23-24 marzo 1988);
la violazione degli artt. 125, comma 3 e 546, comma 1, lett. e), c.p.p. e 131-bis c. p. e difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
La Corte,con riferimento al primo motivo di ricorso chiarisce che, al contrario di quanto ivi esposto, emerge “una dichiarazione inequivoca circa l’ammontare del complessivo reddito familiare ed il riferimento alla dichiarazione ISEE allegata all’esclusivo fine della indicazione circa le proprietà immobiliari“.
In relazione al secondo motivo, premesso che il Tribunale e la Corte d’appello hanno affermato che il fatto non sia stato di particolare tenuità perché l’amministrazione è stata ingannata ed il beneficio cui l’imputato non aveva diritto è stato comunque ottenuto, la Corte non condivide tale assunto in quanto “l’ammissione al beneficio non dovuto è circostanza espressamente prevista dal legislatore come aggravante (art. 95, secondo periodo, d.P.R., n. 115 del 2002): ne discende che la riconducibilità a tale tipizzazione non può essere considerata, di per sé, elemento ostativo all’eventuale riconoscimento della causa di non punibilità invocata; altrimenti è come se la legge dicesse – ma non dice – ‘il fatto non può mai essere considerato di particolare tenuità ove venga conseguita o mantenuta l’ammissione in mancanza di requisiti’. Ed al Giudice è demandato dall’ordinamento il compito di interprete, non già di legislatore“.
La Suprema Corte ha ritenuto, pertanto, di annullare la sentenza impugnata, limitatamente alla questione riguardante l’art. 131-bis c. p., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo che, nella sua autonomia, valuterà la sussistenza o meno degli elementi di fatto per riconoscere l’invocata causa di non punibilità, senza poter tuttavia utilizzare la circostanza dell’avvenuta ammissione al beneficio, che rimane “neutra” al fine in esame.

Cass sez. II civ ord. n. 30380 pubbl 2 nov 2023

Rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato - Opposizione - Accoglimento - Condanna alle spese del giudizio – Criteri
Nell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, le spese di lite del procedimento di opposizione avverso l'originario provvedimento di diniego, non possono essere oggetto di condanna o di compensazione in senso tecnico-giuridico, essendo inapplicabili gli artt. 91 e 92 c.p.c. ai procedimenti in cui solo dell'ammissione al suindicato beneficio si discute, dovendosi liquidare il compenso dell'avvocato nelle forme e nei modi di cui all'art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002. (massima ufficiale)
L'ammissione della parte al beneficio del gratuito patrocinio si estende al procedimento di opposizione alla revoca del beneficio, costituendo quest'ultimo un procedimento derivato, accidentale, ma comunque connesso al processo principale (Cass. n. 35691/2022), l'ammissione della parte al beneficio del gratuito patrocinio si estende al procedimento di opposizione alla revoca del beneficio, costituendo quest'ultimo un procedimento derivato, accidentale, ma comunque connesso al processo principale (Cass. n. 35691/2022).
L’effetto dell’applicazione, una volta accolta l’opposizione, di tutte le regole in materia di patrocinio, comporta che il giudice non possa condannare lo Stato, ovvero come nella specie l’Agenzia delle Entrate, legittimata nel procedimento di opposizione al diniego di ammissione (Cass. n. 5806/2022), a pagare le spese del procedimento in virtù del principio di soccombenza, come se si trattasse di una normale causa di cognizione. Depongono in tal senso le considerazioni in ordine alla portata dell’art. 75 citato, nei termini chiariti dai precedenti penali di questa Corte, non
potendosi quindi invocare la circostanza che per effetto del diniego dell’ammissione ovvero della sua revoca il provvedimento di ammissione aveva perso la propria efficacia, in quanto, accolta
l’opposizione, la richiesta di ammissione ovvero il provvedimento revocato tornano a produrre sin dall’origine i relativi effetti, tra cui anche quelli della necessità di dover liquidare il compenso per
l’attività prestata dal difensore della parte aspirante al beneficio, anche nel giudizio di opposizione, mettendo quindi fuori gioco per tale giudizio le norme degli artt. 91 e 92 c.p.c. (invece suscettibili di piena applicazione nel procedimento di cui all’art. 82 e alla relativa opposizione, in cui si dibatta del credito dello stesso difensore per la prestazione professionale svolta).
Pertanto il difensore della parte ammessa al patrocinio, che abbia svolto la propria attività difensiva in detta procedura di opposizione (o subprocedimento, se si preferisce) a carattere incidentale, non perde il diritto alla propria remunerazione, ma può conseguirla in base alle previsioni di cui agli artt. 75, primo comma, e 82 D.P.R. cit., attraverso la liquidazione cui provvede il giudice adito, sottraendosi quindi al rischio della possibile compensazione delle spese, ma restando pur sempre sottoposta alle regole, anche in tema di riduzione dei compensi che sia in materia civile che penale la legge prevede per i difensori delle pari ammesse al beneficio del patrocinio.
Quanto alle spese del presente giudizio, attesa l’esistenza di numerosi precedenti che invece hanno ritenuto ammissibile la liquidazione delle spese anche all’esito di giudizi di opposizione, quale quello oggetto del presente procedimento, e tenuto conto che le ragioni a sostegno della decisione sono state oggetto di puntualizzazione solo nella più recente giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte, si ritiene che ricorrano i presupposti per la loro integrale compensazione.

Cass sez II civ ord n. 29925 pubbl 27 ott 2023

Si chiarisce quali documenti devono essere prodotti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso in cui il richiedente la protezione internazionale non abbia depositato la documentazione attestante eventuali redditi percepiti all'estero.

La Corte d’appello di Catanzaro, rigettava il ricorso ex art.170 DPR 115/2002, proposto da XY avverso il provvedimento della medesima Corte, che aveva rigettato la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio in un giudizio di appello avverso la decisione del Tribunale di reiezione della domanda protezione internazionale in quanto il ricorrente non aveva prodotto la documentazione attestante la sua posizione reddituale.
XY ricorre in Cassazione, deducendo che il giudice dell’opposizione aveva errato nel ritenere semplicemente che il ricorrente non avesse prodotto la certificazione dello Stato consolare di provenienza attestante gli eventuali redditi prodotti all’estero, né avrebbe documentato l’impossibilità di produrre la suddetta certificazione consolare, rilevando che:
- a seguito dell’ordinanza del 25.7.2017, con cui la Corte d’appello lo aveva invitato a produrre la certificazione dell’autorità consolare, aveva depositato la dichiarazione sostitutiva della certificazione richiesta ex art.94 DPR 115/2002, nonchè la certificazione consolare vidimata dall’autorità nigeriana da cui risulterebbe che non aveva percepito alcun reddito;
- tale documentazione soddisfa i requisiti legali per l'accesso al beneficio e risultava già prodotta in epoca anteriore alla decisione dell'opposizione.
Per la Suprema Corte il ricorso è fondato.
Infatti:
a) l'art. 79 del DPR 115/2002 prevede che: "Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione Europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato;
b) l'art. 94, comma 2 del DPR 115/2002 dispone che, in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell'art. 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione Europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione; nel caso di specie, il ricorrente aveva prodotto la dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art.94 del DPRe lacertificazione consolare vidimata dall’autorità nigeriana;
c) il procedimento di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato è connotato dall'assenza della previsione di termini preclusivi, con conseguente ammissibilità delle produzioni documentali dell'interessato non soltanto in un momento successivo a quello di presentazione dell'istanza, ma anche nel giudizio di opposizione avverso il provvedimento di rigetto;
d) d'altronde, l'impossibilità di produrre l'attestazione relativa ai redditi prodotti all'estero può essere sopperita con la produzione dell'autocertificazione, corredata delle istanze per ottenere la documentazione di cui al DPR n.115 del 2002, art.79; inoltre, per integrare il requisito dell'impossibilità, non è necessaria l'assoluta impossibilità di produrre l’attestazione dei redditi prodotti all’estero perché la sua dimostrazione comporterebbe una prova di per sé incompatibile con un procedimento teso ad assicurare la difesa al non abbiente, nell’ipotesi di assenza di contatti con il paese di origine o di inadempienza dello Stato interpellato.

Cass sez II civ ord. n. 28473 pubbl 12 ott 2023

Si denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art.4 del D.M.55/2014 e dell’art.13 bis, comma
2 , L. 21.12.2012 in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente liquidato il compenso al difensore assumendo come parametro di riferimento i valori minimi ridotti della metà.
La Corte riconosce che dopo le modifiche degli artt. 4, comma 1, e 12 comma 1 del DM 55/2014,
apportate dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle ( Cassazione civile sez. II, 19/04/2023, n.10438)

Cass sez II civ ord. n. 28170 pubbl 6 ott 2023

Nella liquidazione del compenso dovuto all’avvocato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in materia penale il giudice deve liquidare il compenso della fase dibattimentale anche se sono state svolte solo attività preliminari.
La Cassazione affronta il problema dell’interpretazione delle fasi processuali ai fini della liquidazione del compenso professionale.
L’art. 12 co. 3 lett. c) d.m. 55/2014 prevede che per fase istruttoria o dibattimentale si intende esemplifi#cativamente: le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze rela#tive ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio,che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della
prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l'esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato.
Ne segue che la fase istruttoria è difficilmente ineludibile
In particolare, dando seguito a un recente precedente (sent n.3889/2023), si afferma che deve essere riconosciuto il compenso per la fase dibattimentale anche se si sono svolte solo attività preliminari al dibattimento.

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