Corte di Cassazione

Qui trovate l'elenco in ordine cronologico dei provvedimenti della Corte Suprema di Cassazione. Per leggere un provvedimento per intero, cliccare sul titolo o sulla dicitura "Leggi Tutto" in calce ad ogni pubblicazione.

Cass sez II civ ord. n. 19413 pubbl 14 lug 2025

Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello erroneamente ha ritenuto che la «fase istruttoria» eseguita dal difensore sia consistita in attività strumentale all’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, anziché attività defensionale che, ai sensi dell’art. 4 del D.M. 55/2014, riguardi
direttamente il merito della causa, cioè il perseguimento del successo della parte nella controversia.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di precisare che il parametro tabellare di cui al D.M. n. 55 del 2014 – applicabile anche ai compensi del difensore del cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato - è riferito alla «fase istruttoria e/o di trattazione», discendendone che l’eventuale mancato svolgimento della fase istruttoria in sé e per sé considerata (ossia di alcuna delle attività che in tale fase sono da intendersi comprese secondo l’indicazione esemplificativa contenuta nel comma 5, lett. c, dell’art. 4 D.M. n. 55 del 2014) non vale ad escludere il computo, ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi,dell’importo spettante per la fase così come complessivamente considerata nelle tabelle, restando questo comunque riferibile anche solo alla diversa fase della trattazione, come dimostra l’uso, nella descrizione in tabelle della corrispondente voce, della congiunzione
disgiuntiva «o», sia pure in alternativa alla congiunzione copulativa «e»: «e/o» (Cass. n.8627/2023). Ne segue che va comunque riconosciuto in generale il compenso per la fase di istruttoria, poiché la
fase di trattazione della causa è in ogni caso «ineludibile» (Sez. 2, Ordinanza n. 17579 del 26.06.2024; Sez. 2, Ordinanza n. 3242 del 05/02/2024, Rv. 669998 – 02; Sez. 2, n. 7143 del 10.03.2023).
Con altro motivo il ricorrente censura la pronuncia per aver erroneamente rideterminato la liquidazione del compenso: a suo dire, tale rideterminazione è viziata ab origine, atteso che – come
argomentato nei precedenti mezzi di impugnazione - nella stessa manca il riferimento alla fase istruttoria ed è stata valutata in maniera non corretta la complessità del giudizio presupposto.
Quanto alle tariffe professionali applicabili: questa Corte, nella sua composizione più autorevole, ha stabilito che i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato
la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata (Sez. U, n. 17405 del 12/10/2012, Rv. 623533 — 01; conf.:Sez. L, n. 27233 del 26/10/2018, Rv. 651261 — 01; Sez. 6 - 3, n.17577 del 04/07/2018, Rv. 649689 - 01).
Spetterà, dunque, al giudice del rinvio valutare quali tariffe applicare, in funzione del periodo in cui l’attività difensiva è stata espletata.

Cass sez II pen sent n. 18187 pubbl 14 mag 2025

ART. 110(Pagamento in favore dello Stato)
1. Se si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, nel caso di sentenza di non luogo a procedere ovvero di assoluzione dell'imputato ammesso al patrocinio perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, il magistrato, se condanna il querelante al pagamento delle spese in favore dell'imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato.
2. Se si tratta di reato per il quale si procede d'ufficio, il magistrato, se rigetta la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, o assolve l'imputato ammesso al beneficio per cause diverse dal difetto di imputabilità e condanna la parte civile non ammessa al beneficio al pagamento delle spese processuali in favore dell'imputato, ne dispone il pagamento in favore dello Stato.
3. Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno il magistrato, se condanna l'imputato non ammesso al beneficio al pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, ne dispone il pagamento in favore dello Stato.
(Articolo 14, commi da 1, a 3, della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001)
ART. 133 (Pagamento in favore dello Stato)
1. Il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato.
(Articolo 15 sexiesdecies della legge n. 217/1990, come modificata dalla legge n. 134/2001)

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale aveva disposto la liquidazione delle spese delle costituite parti civili ponendole a carico dell'imputato, nonostante tanto le parti civili che l’imputato fossero state ammesse al patrocinio a spese dello Stato, la Corte, -nel disattendere la tesi difensiva secondo cui il Tribunale non avrebbe dovuto porre le spese processuali sostenute dalle parti civili a carico dell'imputato, stante l’ammissione di tutti al patrocinio a spese dello Stato - ha ribadito che ove l'imputato e la parte civile siano entrambi ammessi al beneficio, l'imputato, in caso di condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Cass. sez. IV pen. Sent. n. 17470 pubbl 8 mag 2025

1.La Corte qualificava un ricorso proposto in sede di legittimità quale opposizione ai sensi dell’art. 99 d.p.r.30 maggio 2002, n.115, disponendo la restituzione degli atti alla Corte di Appello di Napoli che, a sua volta, disponeva la comunicazione al difensore dell’istante della necessità di iscrivere l’opposizione nel ruolo generale civile della medesima Corte di Appello.
Avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il richiedente, il quale deduceva innanzitutto di aver impugnato il decreto con il quale la Corte territoriale di Napoli aveva revocato un decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, proponendo regolare opposizione ex art. 99 d.p.r. n.115 cit. con deposito a mezzo pec presso la Corte di Appello penale partenopea e che questa Corte aveva inviato l’atto alla Corte di Cassazione che, dal canto suo, lo aveva qualificato come opposizione, rimettendo gli atti alla Corte di Appello di Napoli.
E, dunque, la sezione della Corte di Appello, rilevato che i procedimenti di opposizione quale quello in questione erano assegnati, in base alle tabelle vigenti, su delega del Presidente della Corte, a un magistrato delle sezioni civili ordinarie, individuato secondo il criterio automatico di assegnazione SICID, disponeva la restituzione degli atti al Presidente della Corte di Appello il quale, nella sua qualità di Presidente Vicario, emetteva il provvedimento che era impugnato nel caso di specie in Cassazione.
In particolare, il ricorrente censurava il provvedimento ritenendolo illegittimo in quanto onerava l’istante di adempimenti, quali l’iscrizione nel ruolo civile e il pagamento del contributo unificato, che non sono previsti dalla legge nell’ambito del procedimento ex art. 99 d.P.R. n. 115 cit., e abnorme, in quanto determinava una stasi del procedimento e l’impossibilità di proseguirlo.
Più nel dettaglio, si evidenziava la competenza funzionale a decidere sull’opposizione del solo Presidente del Tribunale o della Corte di Appello al quale appartiene il giudice che aveva emesso il provvedimento, spettando al giudice penale in quanto di carattere accessorio rispetto al procedimento principale

2. La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto fondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale è abnorme il provvedimento con cui il Presidente del Tribunale abbia disposto la trasmissione al giudice civile dell’opposizione proposta avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato emesso nell’ambito di un procedimento penale, in quanto tale opposizione, a differenza di quella al decreto di liquidazione del compenso al custode o all’ausiliario del giudice, va proposta al giudice penale, stante il carattere accessorio della controversia rispetto al processo penale, e il provvedimento del Capo dell’Ufficio comporta l’impossibilità di proseguire il procedimento nelle forme previste dalla legge (cfr. Cass.Sez. 4, n. 1223 del 16/10/2018).

Cass sez II civ sent. n. 6888 pubbl 14 mar 2025

La sentenza riguarda l'ipotesi di accoglimento da parte del giudice della istanza dopo l’iniziale rigetto del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.
Il ricorrente aveva presentato opposizione all’ordinanza con la quale il Tribunale aveva liquidato i compensi spettanti al suo difensore, senza tenere conto di quelli relativi alle attività svolte anteriormente al deposito dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio ex art. 126, comma 3, d.p.r. 115/2002.
Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione sul presupposto che gli effetti dell’ammissione al gratuito patrocinio, decisa dal giudice con decreto, non retroagiscono al momento della presentazione della prima istanza, rigettata dall'Ordine forense.
Il ricorrente ha sostenuto nel ricorso proposto dinanzi la Corte di Cassazione che, in tema di ammissione al gratuito patrocinio, se la relativa istanza, già rigettata o dichiarata inammissibile dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, sia successivamente riproposta, con l’allegazione delle medesime ragioni, al magistrato competente per il giudizio e sia da questo accolta, gli effetti di tale ultima decisione decorrono dalla data di presentazione suddetta all’ordine professionale, così garantendosi, attraverso il controllo e il riesame riconducibile alla successiva decisione del magistrato, l’effettività del diritto di azione e difesa in giudizio del non abbiente.
La Suprema Corte ha, innanzitutto, riconosciuto la legittimazione ad agire del ricorrente.
La Cassazione, in particolare, ha evidenziato che, in tema di ammissione al patrocinio a spese dell'erario, qualora il magistrato competente per il giudizio accolga l’istanza, originariamente rigettata dal COA, con decorrenza ex nunc, e invece che a far tempo dall’originaria richiesta all’ordine professionale, la parte ammessa al beneficio è legittimata ad impugnare il relativo provvedimento, in quanto gli effetti dell’ammissione al beneficio non solo limitati al pagamento dei compensi e spese del difensore, ma si estendono: a)al pagamento delle spese di viaggio spettanti a testimoni e consulenti tecnici; b)al contributo unificato, alle imposte di bollo, di registro, catastale e ipotecaria; c)ai diritti di copia e alle spese per la notificazione e richiesta d’ufficio.
Di conseguenza, per la copertura di tali spese, sussiste l’interesse ad agire del patrocinato, e ciò contrariamente a quanto ritenuto in precedenti pronunce laddove si sosteneva che il difensore fosse l’unico legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di rigetto o di accoglimento solo parziale dell’istanza di liquidazione delle spese, quale unico titolare del diritto al compenso nei confronti dello Stato.
Con ciò si restringeva il dibattito al contenzioso riguardante l’art. 170 d.lgs. n. 150/2002, ossia la revoca del decreto di liquidazione e la determinazione del compenso al difensore, escludendo un coinvolgimento attivo del patrocinato nella contestazione della decisione.
La Cassazione ha, invece, evidenziato come, nel caso in esame, il giudizio non avesse ad oggetto la liquidazione del compenso del difensore, per la quale certamente l’avvocato è l’unico legittimato ad agire, ma riguardasse il diverso caso del riconoscimento dell’effetto ex tunc del decreto di ammissione al gratuito patrocinio. Se, infatti, la quantificazione del compenso è di esclusiva pertinenza del difensore, la decorrenza degli effetti dell’ammissione, in particolare quando ottenuta dopo l’iniziale rigetto dell'Ordine forense, incide direttamente anche sul patrocinato. Quest’ultimo, senza un riconoscimento della copertura retroattiva, si troverebbe a dover sostenere personalmente le spese affrontate nel periodo compreso tra il rigetto dell’istanza da parte del Consiglio dell’ordine e la successiva ammissione al gratuito patrocinio disposta, con decreto, dal giudice.
La Seconda Sezione Civile, in merito agli effetti del decreto di ammissione al gratuito patrocinio, ha affermato il seguente principio:
“Ove l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, respinta o dichiarata inammissibile dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, sia stata successivamente presentata, sulla base della allegazione delle medesime ragioni e degli stessi dati e dichiarazioni, al magistrato competente per il giudizio e da questo accolta, gli effetti dell’ammissione al patrocinio decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, sicché sono a carico dello Stato i compensi e le spese per l’attività di difesa e di rappresentanza in giudizio che medio tempore sia stata espletata in favore della parte poi ammessa al beneficio”.
In conclusione la pronuncia della Cassazione rappresenta un importante chiarimento sull’efficacia temporale del decreto di ammissione al gratuito patrocinio, in tanto in quanto tutela il patrocinato e garantisce l'accesso effettivo alla giustizia per chi si trova in condizioni economiche svantaggiate nel caso in cui l'Ordine forense abbia negato il beneficio che in seguito ad opposizione viene ammesso dal giudice competente.
Il testo della sentenza si può richiedere a segreteria@anvag.it

Cass sez IV pen sent n. 9459 pubbl 7 mar 2025

Quando si impugna il diniego o la revoca del gratuito patrocinio nel processo penale, si segue il rito penale e non quello civile.

Nel caso in cui un imputato o una persona offesa presenti opposizione contro il provvedimento che nega o revoca l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si applicano le regole del procedimento sommario civile. La Corte ha infatti precisato che l'opposizione introduce un subprocedimento incidentale al processo penale principale, il quale deve essere disciplinato dalle norme del rito penale, in quanto accessorio e funzionalmente collegato a quel procedimento.

Ai sensi dell'art. 99 del t.u.s.g., il provvedimento di rigetto dell'istanza può essere impugnato con opposizione, la quale si svolge dinanzi al giudice monocratico. Tale norma, tuttavia, fa riferimento alle modalità previste per la liquidazione dei compensi, ma non comporta l'applicazione automatica del rito civile.

In passato, una parte della giurisprudenza (Cass. civ. n. 10009/2022) riteneva che, in virtù del rinvio alle norme sulla liquidazione degli onorari, l'opposizione seguisse le forme del rito sommario civile ex artt. 702-bis e ss. c.p.c. (ora artt. 281-decies e ss. dopo la riforma Cartabia).

L'odierna sentenza si allinea all'orientamento già espresso nelle decisioni n. 1223/2019, n. 13230/2022 e n. 29385/2022, secondo cui il procedimento di opposizione va inquadrato nell'ambito del processo penale, poiché ha natura strumentale e accessoria rispetto ad esso.

In conclusione, il riferimento, contenuto nell'articolo 99 t.u.s.g., al procedimento per la liquidazione degli onorari è interpretato come una formula tecnica non vincolante, priva di valore normativo sufficiente a mutare il rito da applicare.

Cass sez IV pen sent. n. 8084 pubbl 27 feb 2025

Per la domanda di gratuito patrocinio è necessaria e sufficiente la sola autocertificazione. La normativa in materia, infatti, non impone alcun onere circa l'allegazione di documenti aggiuntivi e diversi. Ove vi siano fondati motivi per ritenere che la situazione reddituale sia diversa da quella prospettata dal richiedente il beneficio, il giudice può sempre trasmettere l’istanza e l’autocertificazione all’amministrazione finanziaria.

Cass sez. II civ ord. n. 4539 pubbl 20 Febbraio 2025

AVVOCATO E PROCURATORE - ONORARI - TARIFFE PROFESSIONALI - Onorari spettanti al difensore d’ufficio in caso di udienze di mero rinvio - Debenza - Fondamento

In tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile matura l'onorario anche in caso di partecipazione a udienze di mero rinvio poiché il tempo necessario allo svolgimento della prestazione incide esclusivamente sul quantum del compenso, non sull' an, considerato che nel processo penale l'assistenza del difensore è sempre obbligatoria, che questi svolge attività anche solo con la sua necessaria presenza e che il rinvio può essere determinato (come nella specie) dalla necessità di effettuare ricerche dell'imputato. (massima ufficiale)

“La partecipazione ad udienze di mero rinvio non incide sull’esistenza del diritto al compenso, comunque dovuto ai sensi del terzo comma dell’art. 12 d.m. n. 55 del 2014, ma semmai sulla sola quantificazione dello stesso, in uno con gli ulteriori criteri meglio specificati nel comma 1 della predetta disposizione.
In questi termini si è del resto già espressa questa Corte allorché, nell’interpretare il ridetto art. 12, comma 1, ha affermato, sia pure per una fattispecie affatto diversa da quella in esame, che il tempo
necessario per lo svolgimento della prestazione professionale rileva unicamente ai fini della quantificazione del compenso conseguentemente maturato, ma non può in alcun modo comportare che, in ragione della asserita brevità temporale di esecuzione della stessa, il compenso relativo possa essere addirittura negato (Cass., Sez. 6-2, 10/9/2020, n. 18791)”.

Cass sez VII pen sent n. 2886 pubbl 23 gen 2025

L'imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso l'ordinanza di
inammissibilità, deducendo che la dichiarazione di domicilio era presente in atti e, precisamente,
era contenuta nella istanza di ammissione al gratuito patrocinio
Le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, intervenute di recente per risolvere un
contrasto interpretativo in ordine all'art. 581, comma 1 ter cod. proc. pen., hanno chiarito che,
seppure la dichiarazione di domicilio non deve necessariamente essere contenuta nell'atto di
appello, potendo risultare anche aliunde, l'atto di impugnazione deve però contenere il richiamo
espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua
collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l'immediata e inequivoca individuazione
del luogo in cui eseguire la notificazione ( SU 24 ottobre 2024, De Felice).
Nel caso in esame, l'atto di appello non conteneva alcun riferimento alla nomina del difensore con elezione di domicilio contenuta nella richiesta di gratuito patrocinio, né all'atto di impugnazione era allegata la relativa dichiarazione.

Cass. sez I civ ord. inter. n. 34898 pubbl. 30 dic 2024

Il Tribunale ordinario di Roma, con decreto in data 18 ottobre 2024, non ha convalidato il provvedimento di trattenimento in Albania
Il Tribunale ha ritenuto il provvedimento del Questore illegittimo in quanto adottato nell’ambito di una procedura accelerata alla frontiera disposta in assenza del requisito della provenienza del richiedente asilo da un paese di origine sicuro, secondo quanto richiesto dall’art. 28-bis, comma 2, lettera b-bis), del d. lgs. n. 25 del 2008 e dall’art. 31, paragrafo 8, della direttiva 2013/32/UE.
Il giudice a quo ha rilevato che, nella fattispecie al suo esame, il paese di provenienza del migrante – l’Egitto – è accreditato come sicuro dal decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia,
del 7 maggio 2024, ma con una eccezione per talune categorie di soggetti (oppositori politici, dissidenti, difensori dei diritti umani o coloro che possono ricadere nei motivi di persecuzione di cui all’art. 8, comma 1, lettera e, del d.lgs. n. 251 del 2007).
Ad avviso del Tribunale, la designazione come paese di origine sicuro operata dal decreto ministeriale non sarebbe conforme al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Sezione) con la sentenza 4 ottobre 2024, nella causa C-406/22.

Per la cassazione del decreto di non-convalida del provvedimento di trattenimento, il Ministero dell’interno e, per quanto occorra, il Questore della Provincia di Roma hanno proposto ricorso, con atto notificato il 21 ottobre 2024, articolando due motivi di censura
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa della decisione della Corte di giustizia sul rinvio pregiudiziale disposto, nell’ambito di altro giudizio principale, nelle cause C-758/24 e C-759/24, Alace e altri, dal Tribunale di Roma

Cass sez IV pen sent n. 38751 pubbl 22 ott 2024

Per il cittadino extracomunitario, al fine di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non è necessaria l'indicazione del codice fiscale, potendosi ovviare ad esso mediante la rappresentazione dei suoi dati anagrafici e del domicilio o sede legale all'estero.

Il caso
La Corte ha accolto il ricorso di un giovane del Mali, riformando la decisione del Tribunale di Milano che aveva respinto la domanda per usufruire del gratuito patrocinio perché privo del codice fiscale. Per i giudici meneghini non era valido quello che il suo difensore aveva ricavato attraverso un’applicazione on line, senza depositare i documenti richiesti per le verifiche fiscali utili per l’ammissione al beneficio.

La sentenza della Cassazione
La Corte rammenta che l'art. 79 t.u.s.g. prevede, a pena di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio dei non abbienti, l’indicazione del codice fiscale.
La normativa relativa all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti (Dpr 605/1973 n.605) contempla la possibilità, per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, di supplire all’assenza del codice fiscale italiano non attribuito, con l’indicazione dei loro dati anagrafici e il domicilio fiscale.

In ossequio a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la ordinanza n. 144/2004 e poi ripreso anche nella recente sentenza n. 30047 della stessa odierna sez. 4 della Corte “alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell'ammissibilità dell'istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell'indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all'art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all'estero”.

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