Corte di Cassazione

Qui trovate l'elenco in ordine cronologico dei provvedimenti della Corte Suprema di Cassazione. Per leggere un provvedimento per intero, cliccare sul titolo o sulla dicitura "Leggi Tutto" in calce ad ogni pubblicazione.

Cass sez 4 pen sent n. 4953 pubbl 6 feb 2023

Il Tribunale aveva rigettato l'opposizione proposta avverso due separati decreti con i quali erano state parimenti rigettate le istanze di ammissione al gratuito patrocinio, in base all'assunto che l’istante aveva dichiarato di non aver percepito alcun reddito proprio e dei familiari conviventi per l'anno di riferimento, osservando che, essendo i genitori in età lavorativa, era inverosimile che tutto il nucleo familiare non avesse percepito alcun reddito.
Proposto ricorso per la cassazione della sentenza, la Corte, nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui il giudice avrebbe dovuto limitarsi a verificare le attestazioni o a vagliarne l'attendibilità, ma non decidere affidandosi a valutazioni di "non verosimiglianza", ha affermato il principio per cui anche a voler riconoscere un margine di valutazione della attendibilità dell'autocertificazione dell'istante relativa alla sussistenza delle condizioni di reddito richieste dalla legge per l'ammissione al beneficio, il rigetto è sempre ricollegato al riconoscimento di indizi gravi, precisi e concordanti circa la disponibilità di risorse economiche non compatibili con quelle dichiarate, ma tale margine non ha modo di esplicarsi in fase di ammissione, fatte salve le ipotesi presuntive disciplinate dalla legge, dovendo semmai conseguire alla attivazione dei poteri istruttori del giudice e ai controlli che, anche d'ufficio, è tenuto a compiere l'ufficio finanziario.

Cass sez II civ. ord. n. 3027 pubbl 1 feb 2023

Il difensore di un contribuente ammesso in via provvisoria al beneficio del patrocinio a spese
dello Stato aveva chiesto per l’assistenza nel giudizio di cassazione il compenso e poiché tale istanza era stata dichiarata inammissibile, aveva proposto opposizione dinanzi al Tribunale ex art. 170 del DPR n.115/2002,
Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’opposizione osservando che ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs n. 150/2011 l’opposizione deve essere indirizzata al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, così che essendo il decreto oggetto di causa stato adottato dal Presidente della CTP , non poteva essere l’opposizione rivolta al Tribunale, né sotto il profilo della competenza funzionale né sotto quello della competenza territoriale.
Giusta il principio affermato dalla stessa Corte (26908/2016), a mente della quale spetta al giudice ordinario conoscere dell’opposizione proposta, ex art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l’attività da lui prestata, nell'interesse di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo, atteso che quello al compenso è un diritto soggettivo non degradabile ad interesse legittimo, né la menzionata disposizione, qualificabile come norma sulla
competenza e non anche sulla giurisdizione, ha introdotto un'ulteriore, eccezionale ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che, peraltro, ove ricorresse, determinerebbe una diminuzione di tutela, in quanto, giusta l’art. 111, comma 2, Cost., avverso le decisioni di quest'ultimo il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
In altre parole il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l'entità delle somme
liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo - avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del compenso - e non consequenziale rispetto a quello svoltosi
davanti al giudice a quo.
Viene quindi affermato il seguente principio di diritto: “Spetta al giudice ordinario la cognizione dell’opposizione proposta, ex art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l’attività da lui prestata, nell'interesse di soggetto
ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ancorché la liquidazione debba essere effettuata dal giudice tributario”

Cass sez VI civ ord. n. 1891 pubbl 20 gen 2023

Al difensore sono dovuti i compensi per ogni singola attività svolta in favore del proprio assistito ammesso al beneficio.

La Corte, nel pronunciarsi sulla domanda di pagamento delle spettanze professionali per la difesa di un imputato ammesso al gratuito patrocinio, ha cassato con rinvio la decisione del tribunale che aveva liquidato il compenso solamente per alcune delle attività difensive svolte.
Il difensore aveva impugnato l'ordinanza del tribunale che aveva confermato il decreto emesso dal Gip, denunciando: a) la violazione dell'art. 12 del D.M. n. 55/2014 in quanto il tribunale non ha tenuto in alcun conto la complessità dell'attività svolta, sviluppatasi nella difesa penale per l'accusa di omicidio aggravato del proprio assistito e con lo studio di complesse questioni di diritto; b) la violazione del richiamato D.M. per avere, il tribunale, liquidato il compenso solo per alcune delle attività difensive, non riconoscendo quelle svolte nella fase delle indagini preliminari, quelle difensive e per tutte le attività svolte in fase cautelare; c) l'omessa e insufficiente motivazione per avere respinto la domanda di emendare il decreto di liquidazione, evidenziando la mancanza di proporzione tra quanto avanzato nella richiesta e l'attività svolta senza, tuttavia, motivarla.

La Corte ha accolto il ricorso cassando con rinvio la decisione impugnata, ricordando che il giudice ha sempre l'obbligo di indicare il criterio adottato per la liquidazione del compenso e di esporre le ragioni per le quali abbia ritenuto di non attribuire al difensore voci elencate nella nota o di liquidare gli onorari in misura inferiore alle richieste, potendo esercitarsi il controllo sulla correttezza della decisione solo ove sia chiaramente enunciati i motivi di eventuali decurtazioni (Cass. 15443/2021, Cass. 1617/2020; Cass. 4871/2018; Cass. 16996/2018; Cass.8824/2018; Cass. 18905/2017).
Nel caso di specie, il tribunale, nel riconoscere che con il decreto impugnato il difensore aveva ottenuto un importo superiore ai parametri medi per lo studio, l'introduzione, l'istruttoria e la decisione, si è, tuttavia, pronunciato solo sui compensi della fase svoltasi innanzi al Gip/Gup senza provvedere sulle ulteriori richieste avanzate dal difensore anche per la difesa svolta nella fase cautelare, durante le indagini preliminari e quelle difensive.

Cass sez VI civ ord. n. 1178 pubbl 17 gen 2023

La nozione di reddito imponibile rinvia alla disciplina tributaria e va determinato al netto di eventuali oneri deducibili ai sensi degli artt. 3 e 10 D.P.R. 917/1986, venendo il limite reddituale ancorato ad un dato certo, fiscalmente determinato in maniera chiara e compiuta, secondo un criterio che è in linea con le indicazioni della stessa Agenzia delle entrate - cui è demandato dalla legge il compito di verificare l'esattezza dell'ammontare del reddito attestato dall’interessato per godere degli effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio (Risoluzione 15/E del 21 gennaio 2008;cfr.Cass. 18156/2021; Cass. 8622/2016; Cass. pen. 34935/2016; Cass. pen. 28802/2011; Cass. 8622/2016).
Il Tribunale, avendo ritenuto superati i limiti di cui all’art. 76, comma terzo, D.P.R. 115/2002 in base al reddito lordo del nucleo familiare anziché del reddito imponibile, è incorso nella violazione
denunciata.

Cass sez IIciv ord. n. 35689 pubbl 5 dic 2022

La pronuncia riguarda la inapplicabilità della prescrizione presuntiva al compenso spettante al difensore patrocinante a spese dello Stato in un procedimento penale,

L’istanza di liquidazione del compenso per l’attività svolta veniva rigettata, avendo il Tribunale ritenuto operante la prescrizione presuntiva ex art. 2956, secondo comma, c.c., sul presupposto che l’istanza di liquidazione era stata presentata ad oltre cinque anni di distanza dalla conclusione dell’incarico difensivo.

Per il Tribunale è pienamente rilevabile d'ufficio la fattispecie estintiva, anche in considerazione dell’assenza – nella fase di liquidazione - di un contraddittorio con l’Amministrazione tenuta al pagamento, e della conseguente impossibilità per quest’ultima di eccepire la prescrizione se non in sede di successiva opposizione, gravando l’amministrazione medesime di un onere di impugnazione.

La Cassazione, nell'accogliere il ricorso, afferma che il credito del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non è assoggettato alla prescrizione prevista dall'art. 2956, primo comma, n. 2), c.c., né sono applicabili in generale le norme di cui agli artt. 2954 segg c.c. in quanto le prescrizioni presuntive non operano quando il contratto, dal quale trae origine il credito, sia stipulato per iscritto, ipotesi che ricorre nel gratuito patrocinio nel quale il compenso viene liquidato solo in base ad un decreto emesso dal giudice competente a seguito di presentazione di una richiesta scritta.
Per altro verso, anche alle prescrizioni presuntive, disciplinate dagli artt. 2954 segg. c.c., è applicabile il principio di cui all'art. 2938 c.c. che fa divieto al giudice di rilevare d'ufficio la prescrizione non opposta.

(come precedente vedasi anche la ordinanza n. 41774/2021 della VI sez civile della Corte).

Cass sez VI civ ord n. 34342 pubbl 22 nov 2022

v. anche 5808/2022 (per CTU) e 18748/2022

Il Tribunale di Crotone rigettava l’opposizione proposta dall’avvocato C.P. avverso la liquidazione del compenso dovuto come difensore di fiducia di soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ritenendo non conseguita la prova dell’effettivo svolgimento delle prestazioni indicate dal ricorrente.In particolare, il Tribunale riteneva non dimostrata la partecipazione di C. all’udienza del 30.11.2016
Il ricorso per la cassazione di detta decisione lamenta la violazione degli artt. 83 D.P.R. n. 115 del 2002 e 15 del D. Lgs. n. 150 del 2011, perché il Tribunale avrebbe dovuto acquisire d’ufficio la documentazione del giudizio nel cui ambito erano state svolte le prestazioni oggetto della richiesta di pagamento
La censura è fondata.
Il giudice, in tema di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, e non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova né vi è un onere dell’avvocato di depositare la documentazione.

Vale il principio secondo cui “In tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione “può” contenuta in tale norma essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23133 del 19/08/2021, Rv. 662071; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2206 del 30/01/2020, Rv. 656859).

Cass sez IVpen sent. n. 44017 pubbl 21 nov 2022

Il (omissis) era ammesso al patrocinio a spese dello Stato in sette procedimenti (due civili e cinque penali), richiamati dal ricorrente, che allega i rispettivi provvedimenti di revoca.
Il 28/01/21, la Guardia di Finanza accertava che il (omissis) in data 13/04/2018, aveva depositato su un proprio libretto nominativo l'importo di un assegno postale non trasferibile di euro 33.100, a titolo di donazione, tratto da un conto corrente postale della propria madre, (omissis) e che, in data 05/02/2018, aveva acquistato terreni per un importo di euro 6.500 e, in data 05/03/2018, un'auto del costo di euro 17.600. Tutti i provvedimenti ammissivi erano, quindi, revocati con effetto retroattivo.
Quanto ai primi due motivi, con i quali il ricorrente lamenta il mancato esame delle ragioni di opposizione riguardanti la donazione, si osserva che, in realtà, il Presidente del Tribunale di Vasto ha affrontato la questione del computo della elargizione effettuata dalla madre del ricorrente, citando sul punto giurisprudenza di questa Corte di legittimità e ritenendo del tutto corretta la necessità di valutare la consistenza della somma donata e percepita da chi chiede di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato: ciò perché l'importo della donazione influisce sulla capacità economica del richiedente. Sul punto, ancora, il Presidente del Tribunale ha rimarcato che, in ogni caso, il (omissis)non aveva comunicato l'intervenuta donazione, determinando in conseguenza la revoca dall'ammissione al beneficio.
Quanto all'acquisto dei beni - un'autovettura e terreni agricoli - non può dubitarsi che, con tali operazioni, la parte avesse dimostrato una capacità economica incompatibile con la fruizione del beneficio e, dunque, non può considerarsi viziata, sul punto, l'argomentazione dell'impugnato provvedimento.
Il fatto che il Giudice si sia rivolto alla Guardia di finanza, proprio per accertare la capacità economica del richiedente, appare conforme alla facoltà di legge riconosciuta al magistrato deputato di decidere sull'ammissione, mentre non appare di alcun nocumento, per il ricorrente, la circostanza che tali accertamenti non siano stati disposti dall'Agenzia delle Entrate, sempre sollecitata dal magistrato giudicante.
Del pari priva di pregio è la doglianza, con cui si lamenta la mancata motivazione dei provvedimenti di revoca adottati dal Giudice di pace, avendo il Presidente del Tribunale risposto adeguatamente, laddove ha ritenuto l'esistenza di una motivazione per relationem, rispetto alla segnalazione della Guardia di finanza, disposta ed acquisita dal medesimo Giudice.

Cass sez IIIciv ord n. 33481 pubbl. 14 nov 2022

Due avvocati patrocinanti congiuntamente in un processo civile una parte vittima di atti di terrorismo a mente della legge n. 206/2004, chiedevano la liquidazione del compenso.
Ricorrono avverso il provvedimento del Tribunale che aveva rigettato l'istanza in ragione del fatto che la legge sul gratuito patrocinio non consente la nomina di due difensori.
Gli stessi contestano tale affermazione in quanto l'articolo 91 del testo unico sulle spese di giustizia, detta tale divieto in riferimento al processo penale e non ad ogni tipo di procedimento e, del resto, si applicherebbe l'articolo 10 della legge n. 206 del 2004, che disciplina una particolare ipotesi di patrocinio a spese dello Stato, in favore appunto delle vittime di atti di terrorismo, che ne possono fruire in ogni tipo di procedimento, a prescindere da ogni criterio reddituale e quindi senza alcuna previa delibera di ammissione. Ne ricavano che alla fattispecie in esame non si applichino le norme del testo unico sulle spese di giustizia riguardanti appunto i profili di ammissione al patrocinio. Sostengono quindi che la ratio del diritto al gratuito patrocinio per le vittime del terrorismo è diversa da quella posta alla base dai patrocinio d spese dello Stato in favore dei non abbienti: non è quella di fornire la tutela necessaria a chi manchi della possibilità economica di fruirne, ma è un sostegno particolare che lo Stato riserva a questa categoria di vittime.
Questa Corte ha già esaminato l'ipotesi della nomina di due difensori, da parte di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in una causa civile ordinaria, e l'ha risolta affermando, in relazione alla nomina di due difensori in procedimento civile con ammissione di una parte al patrocinio a spese dello Stato, che il principio dell'unico difensore, previsto dall'art. 91 a proposito della difesa nei procedimenti penali, ha valenza generale (Cass. n.1736 dei 2020:“Dal complesso delle disposizioni di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, che regolano per tutti i prnrecci l'istituto del patrocinio a gppgp dello Stato - ed in particolare dagli artt. 80, 82 ed 83 - si ricava che l'art. 91 del medesimo d.P.R. secondo cui l'ammissione è esclusa "se il richiedente è assistito da più di un difensore" - pur se collocato all'interno del titolo specificamente dedicato al processo penale, esprime un principio di carattere generale, con la conseguenza che, nel processo civile, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa se il richiedente è assistito da più di un difensore, così come, ove tale ammissione sia stata già concessa, i suoi effetti cessano dai momento in cui il beneficiario nomina un secondo difensore di fiducia".
L'affermazione è stata poi ripresa e ribadita recentemente da Cass. n. 5639 del 2022: “Il principio secondo cui l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è esclusa quando il richiedente sia assistito da più di un difensore, sancito dall'art. 91 d.P.R. n. 115 del 2002 per il processo penale, in quanto generale, opera anche nel processo civile, trovando fondamento nell'esigenza di assicurare, anche ai non abbienti, l'effettiva possibilità di esercitare il diritto di azione e difesa in giudizio, la quale è soddisfatta quando sia garantito il livello essenziale di difesa, dovendosi contemperare l'interesse individuale della parte ammessa al beneficio con quello collettivo al contenimento della spesa occorrente per l'assicurazione di quest'ultimo a tutti gli aventi diritto".
In quest'ultima, recentissima pronuncia, si è precisato che la ratio della normativa in tema di patrocinio a spese dello Stato va individuata nell'esigenza di assicurare anche ai non abbienti, l'effettiva possibilità di esercitare il diritto di azione e difesa in giudizio. Detta esigenza, tuttavia, impone soltanto la garanzia del livello essenziale di difesa, per intuibili esigenze di contemperamento tra l'interesse individuale della parte ammessa al beneficio, e quello collettivo al contenimento della spesa occorrente per l'assicurazione di quest'ultimo a tutti gli aventi diritto.
Sotto questo profilo, la decisione richiamata ritiene che la limitazione della facoltà della parte ammessa al beneficio di nominare un solo difensore appaia pienamente coerente con l'esigenza di tutela generale e diffusa cui tende la normativa in esame.
Si ritiene che la soluzione appena indicata non è predicabile nella fattispecie in esame, e pertanto la decisione impugnata deve essere cassata, in quanto diversa è la norma applicabile alla fattispecie in esame, e diversa è la ratio delle due norme.
La legge n. 206 del 2004, che detta nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, prevede diversi benefici di rilievo direttamente o indirettamente economico a sostegno delle vittime del terrorismo (provvidenze economiche quali pensioni o indennità, diritto all'assistenza psicologica a carico dello Stato, esenzioni da imposte per i benefici riconosciuti e dal pagamento delle spese sanitarie e farmaceutiche).
All'articolo 10, prevede altresì che le vittime o i superstiti di questi eventi nefasti possano fruire, per agire in giudizio nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili del patrocinio a totale carico dello Stato.
E' un beneficio che quindi viene riconosciuto a supporto di queste categorie di soggetti che hanno subito un particolare vulnus, e a prescindere da ogni valutazione preventiva del requisito reddituale, per facilitare loro l'azione e la difesa in giudizio.
Ne consegue che non si può applicare ad essi la norma, già in applicazione estensiva, contenuta nell'art. 91 del T.U. sulle spese di giustizia, qualora fruiscano del patrocinio in un processo civile perché in riferimento a questa categoria individuata di soggetti non è presente la ratio di assicurare a tutti, anche a chi non se lo possa permettere, la tutela minima garantita in giudizio, né può ritenersi che con la nomina del secondo difensore cessi la fiducia nei confronti del primo.
La ratio è invece quella di assicurare a chi sia rimasta vittima, diretta o indiretta, di un episodio di terrorismo, la possibilità di agire in giudizio a tutela dei propri diritti, potendo contare sui patrocinio a spese dello Stato.
La scelta di avvalersi di due difensori, attraverso una nomina congiunta, come nella specie, non può avere l'effetto di caducare o rendere inefficace l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rendendo inammissibile la domanda di liquidazione dei compensi, proprio perché non è necessario in questo caso un provvedimento di ammissione al patrocinio, che presuppone una preventiva valutazione fondata sul requisito reddituale, in questo caso inesistente.
Il problema concreto del contenimento della spesa a carico dello Stato con una richiesta di liquidazione di più prestazioni professionali, a fronte di uno stanziamento di fondi, previsto nella stessa legge, certo non cospicuo, non si pone del resto nel caso di specie, in quanto, come esposto nel terzo motivo di ricorso, è stata fin dall'inizio chiesta la liquidazione di un'unica parcella.
P.Q.M. cassa l'ordinanza impugnata e rinvia, anche le la liquidazione delle spese del presente giudizio, al tribunale di Imperia in diversa cornposizione

Cass. Sez VIciv sent. n. 30286 pubbl 14 ott 2022

Il tribunale di Chieti ha respinto l’opposizione proposta dal difensore avverso il
provvedimento con cui il Giudice dell’udienza preliminare gli aveva liquidato il compenso per la difesa d’ufficio di una parte ammessa al gratuito patrocinio.
Il giudice dell’opposizione ha evidenziato che il provvedimento opposto aveva riconosciuto gli importi previsti per tutte le quattro fasi del procedimento ai sensi del D.M. n.55/2014, esauritosi con la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, dando altresì conto delle modalità con le quali le singole fasi erano state considerate.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 132, comma primo, n. 4 c.p.c. e 111 Cost., sostenendo che il tribunale abbia -senza alcuna giustificazione - riconosciuto un compenso inferiore a quello richiesto e senza pronunciare sulla richiesta di aumento tariffario formulata dall’opponente.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 12 D.M. 55/2014, per non aver il tribunale pronunciato sulla richiesta di liquidazione dei compensi per le indagini preliminari, né motivato riguardo alla riduzione alla metà dei valori medi e alla liquidazione di un importo inferiore ai minimi tabellari.

Nel caso in esame appare, per contro, ampiamente assolto l’obbligo di motivazione sia riguardo alla liquidazione delle singole fasi, sia riguardo all’applicazione dei minimi tabellari.
Il Tribunale ha spiegato che già in fase di liquidazione erano state correttamente remunerate le attività ricomprese nella quattro fasi del procedimento previste dal D.M. n.55/2014 – dallo studio alla decisione della controversia - ovviamente considerando solo l'attività processuale effettivamente svolta, dando altresì conto delle modalità con le quali le singole fasi erano state considerate tanto per l'attività dinanzi al G.I.P., che per quella dinanzi al G.U.P., in modo da evitare duplicazioni.
L’applicazione dei valori minimi appare giustificata dalla semplicità delle questioni e dal limitato impegno profuso dal ricorrente.
Non si configura neppure un’omissione di pronuncia con riferimento ai compensi per la fase delle indagini preliminari, che il tribunale era tenuto a liquidare per fasi e non per singole prestazioni, come invero prescrive l’art. 4, D.M. 55/2014; appare inoltre implicitamente respinta – data la dichiarata semplicità delle questioni, già dibattute in un analogo processo – la richiesta di aumento del compenso rispetto ai valori tabellari medi. Al riguardo va ricordato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una
specifica argomentazione (Cass. 2151/2021; Cass. 15255/2019; Cass. 103636/2007; Cass. 4972/2003).
In ordine all’applicazione della riduzione di un terzo, giova considerare che la liquidazione delle spettanze del difensore della persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato
non deve superare il valore medio della tariffa, né tale valore di partenza può essere ridotto al di sotto del minimo (Cass.4759/2022; Cass. 31404/2019; Cass. 26643/2011).
Sul compenso così determinato, anche se nei valori minimi, la successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 106-bis, non costituisce violazione del minimo tariffario: si configura un contenuto sacrificio delle aspettative economiche del professionista, che non ne svilisce il ruolo, posto che la riduzione prevista dall'art. 106-bis cit. non riduce il compenso ad un valore meramente simbolico, né viene determinato a prescindere dalla valutazione della natura, contenuto e pregio dell'attività (Cass. 4759/2022).

Cass. Sez IIciv sent. n. 29746 pubbl 12 ott 2022

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua ha revocato l’ammissione al gratuito patrocinio ritenendo che la richiesta di distrazione delle spese, avanzata dal difensore, comportasse la rinuncia al beneficio.
Proposta opposizione ex ar4t. 170, D.P.R. 115/2002, il Tribunale ha riformato il decreto, affermando che, se il difensore si dichiara antistatario, è sempre necessario verificare, sulla scorta delle risultanze di causa e del comportamento processuale, se abbia inteso rinunciare al patrocinio gratuito. Ha osservato che, nello specifico, la richiesta di distrazione non era stata successivamente reiterata nel corso del giudizio e doveva considerarsi ritirata, non
essendo – quindi - ostativa per la liquidazione del compenso.

Hanno chiarito recentemente le Sezioni unite che, essendo il patrocinio a spese dello Stato diretto ad assicurare l'effettività del diritto di difesa costituzionalmente garantito, la parte assistita –
formulando la richiesta di ammissione - esercita un diritto proprio che resta nella sua esclusiva disponibilità e che non è condizionato dalle scelte processuali dell’avvocato (Cass. s.u. 8561/2021; Cass.17461/2014).
Il beneficiario del provvedimento di ammissione non è il difensore ma la parte non abbiente, che proprio perciò deve proporrepersonalmente la richiesta e non è tenuto a reiterarla in caso di revoca del mandato.

Il difensore, privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, non può rinunciare al diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo: tale rinuncia può provenire solo dal titolare del beneficio e non è mai conseguenza della mera richiesta di distrazione (Cass. 26089/2014; Cass. 13516/2017). Quest’ultima non produce neppure la revoca dell’ammissione, che è consentita nelle sole ipotesi tassativamente individuate dall’art. 136 D.P.R. 115/2002 - norma eccezionale, come tale non applicabile analogicamente - tra cui non è compresa la richiesta di distrazione delle spese. In conclusione, il primo motivo deve essere respinto, non essendovi
incompatibilità tra la dichiarazione di distrazione e l’ammissione al patrocinio tale da comportare la rinuncia o la revoca del beneficio, essendo irrilevante stabilire – con riferimento al secondo motivo - se la revoca, nei casi in cui è consentita, possa essere disposta anche nel corso del procedimento di liquidazione.

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